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Il primo appuntamento

Il primo appuntamento
I ragazzi di Revaca già incontrati in altri racconti ( La campagna elettorale; Il fermo) sono ancora i protagonisti di questo brano che attinge ai ricordi della mia adolescenza.
                                                                  Il primo appuntamento
                                                                    (By Antoonio Abbate) 
                                                                            
Giovannino a sedici anni gestiva da solo, per conto del padre titolare della licenza, una frattaglieria. Una  macelleria povera per poveri che non offriva in vendita bistecche e tagli pregiati ma interiora e carni di scarto. 
Terzo fra nove fratelli, Giovannino dedicava quasi l’intera giornata al lavoro per concorrere al sostentamento della numerosissima famiglia.
Benché giovanissimo, era un macellaio esperto nel circoscritto ambito delle frattaglie ma  non brillava per intelligenza; un ragazzo semplice senza malizia fornito di qualità pratiche  più che intellettive  al quale era più opportuno  chiedere di fare qualcosa piuttosto che invitarlo a ragionare.
L’esercizio commerciale di Giovannino  si trovava nell’unica strada  che portava al  quartiere di Mario e dei suoi amici che  lo incontravano spesso  quando, in pausa dal lavoro, come  era sua abitudine, sedeva sulla soglia della macelleria.
Fu perciò naturale che, vedendosi quasi ogni giorno, si passasse da un iniziale formale saluto a una frequentazione più cordiale.
Il piccolo negozio divenne  uno dei loro luoghi di ritrovo, utilizzato soprattutto quando la sede del partito era chiusa e non avevano di che pagare nemmeno un caffè al bar, dove, per trattenersi al tavolino a chiacchierare o a giocare a briscola, bisognava ordinare almeno una consumazione.
Quando sostava sulla soglia del negozio, Giovannino, che non aveva ancora avuto l’occasione di conoscere una ragazza, sia per timidezza sia perché dedito costantemente ad  un lavoro così impegnativo, vedeva  passare spesso una moretta   sulla quale cominciò a fantasticare fino ad innamorarsene.
Era una ragazzina che vestiva sobriamente, minuta, visino dolce, caschetto di capelli nerissimi, grandi occhi chiari e luminosi, proporzionata nelle misure.
Una ragazza interessante e di gradevole aspetto che poteva ben far sognare un sedicenne.
Giovannino, bloccato dalla sua inesperienza, non osava rivolgere  a Graziella nemmeno un educato saluto. Ma più la vedeva passare, tanto più l’amore in cuor suo cresceva fino a che, non potendo più tenersi dentro un sentimento così prorompente, sentì l’esigenza di confidarsi con un amico. Purtroppo scelse il confidente più inopportuno  rivelando il suo tenero segreto a Mario che era sempre alla ricerca di occasioni per organizzare scherzi, così li definiva, con cui movimentare le giornate che si susseguivano  in una insopportabile noia.
- Ma davvero sei così innamorato?-  gli chiese mostrandogli interesse e partecipazione.
- Non puoi immaginare quanto -  gli rispose e aveva gli occhi lucidi per la commozione - Non smetto di pensare a lei per tutto il giorno.
- E’ d’obbligo, allora, che assolutamente tu la incontri da sola per dichiararle i tuoi nobili sentimenti e raccogliere il legittimo frutto di cotanto amore -  replicò Mario, scegliendo di proposito  parole pompose per impressionare Giovanni e convincerlo della sua sincera adesione ad un evento che dichiarò essere fondante per il futuro del ragazzo.
- Se fosse possibile incontrarla –  sospirò il ragazzo - purtroppo non ho mai avuto il coraggio di avvicinarla.
- Dimentichi che ci sono qua io. Abbi fiducia e affidati a me. Ci penserò io a combinare.
Un lampo di gioia illuminò gli occhi di Giovannino.
Mario gli raccomandò di continuare a seguire Graziella con gli sguardi allorquando passava per quella strada ma di non rivolgerle la parola e soprattutto di non mettere al corrente dei suoi sentimenti nessun altro, diversamente avrebbe corso il rischio di far naufragare la trattativa che lui voleva intavolare.
- Falle gli occhi di triglia – gli suggerì -  che dice più uno sguardo voglioso che cento “ti amo”.
Giovannino, ora, non stava più nella pelle per la felicità. Mentre lavorava si sorprendeva a cantare canzoni d’amore che sembravano essere state scritte proprio per fare da colonna sonora alla sua storia d’amore.
Con Mario era diventato molto generoso e  anche con i suoi amici che considerava compartecipi della iniziativa intrapresa  da Mario a suo vantaggio.
Non facevano in tempo a mettere piede in bottega che correva al telefono per ordinare per loro caffè al mattino e birre al pomeriggio.  
Intanto seguiva scrupolosamente le istruzioni di Mario. Ogni qual volta Graziella passava davanti alla macelleria,  anche se stava servendo un cliente,  Giovannino interrompeva  per qualche secondo il lavoro e, fattosi sull’uscio, tra trippe e  musi lessati appesi ai ganci dell’architrave, le lanciava umidi sguardi passionali seguendola con gli occhi fino a quando lei, forse ignara di tante amorevoli attenzioni, svoltava in un vicolo laterale.
Mario lasciò trascorrere una decina di giorni per approfittare il più possibile del momento euforico e generoso di Giovanni.
Poi Giovanni cominciò ad essere insistente; diceva  che non ce la faceva ad aspettare ancora; che era tempo di dichiarare il suo amore; che  avrebbe trovato il coraggio di parlare lui stesso alla ragazza appena  lei fosse entrata a fare acquisti in bottega.
Mario, allora, preoccupato che lo scherzo potesse non arrivare a conclusione, ne parlò con gli amici nel corso di una riunione plenaria del gruppo dove si convenne all’unanimità che bisognava affrettarsi e decidere la data dell’incontro.
Davanti a due analcolici e relative noccioline serviti in macelleria, Mario gli comunicò che ne aveva parlato a Graziella ed era solo in attesa della conferma.
Per impegni ora di uno ora di un altro del gruppo, trascorse ancora una settimana senza che nulla si realizzasse con grande disappunto di Giovanni che, dopo il colloquio con Mario, aveva ardentemente sperato che l’incontro avvenisse al più presto. 
Quando Mario mise piede in negozio, con ira gli scaricò addosso tutta la sua delusione: 
- Mario, fai solo chiacchiere! Non mi va di aspettare ancora! Ho deciso! Appena la mia Graziella passerà per questa via le chiederò io un appuntamento e se me lo negherà io….. se mi dirà di no… - aveva abbassato la voce, segno che la sua decisione già vacillava.
- Se mi dirà di no, mi metterò l’anima in pace.
- Ma bravo! Vuoi forse buttare a mare tutto il mio lavoro fatto per te in questi giorni?
Pensi forse che basta dire ad una donna: ”quello ti vuole incontrare; sei forse Alain Delon?”
- Hai ragione Mario, si scusò Giovannino, ma devi comprendermi. Non ce la faccio più; passo giorno e notte… 
- Di notte -  intervenne Mario, senza fargli completare la frase -  faresti meglio a dormire  e a riprendere le forze che di giorno il lavoro è pesante e pericoloso con tutti i coltellacci che adoperi per spaccare teste di vacca e svuotare trippe.
Mario proseguì serioso: - comunque, se ti interessa, io le ho parlato da subito e lei è stata inizialmente un po’, non dico restia, ma come dire, guardinga esternando una palpabile freddezza. Mi ha confidato che nella sua mente c’è un altro tipo di uomo, un tipo fine, un intellettuale, insomma, uno studente che abita in un paese qui vicino.
- Non sarà quel testa… che ogni tanto passa in sella al vespino? domandò Giovannino ingelosito dalla presenza di un altro pretendente. Guardò diritto davanti a sé e fermò lo sguardo su una grande testa di toro che ancora sorreggeva un superbo paio di corna, appesa ad un gancio in attesa di essere lavorata.
- Ma no, sta a sentire… Io ho insistito, giorno dopo giorno; ho usato il sistema dei pugili…
- Che c’entrano i pugili? -  domandò frastornato Giovannino che non riusciva più a seguire un discorso che mentre gli dava speranza un attimo dopo gliela toglieva.
- E’ un modo di dire. Come fanno i pugili, l’ ho lavorata ai fianchi nel senso che ho insistito parlandole in continuazione di te: che sei un tipo serio, un tipo positivo, un gran lavoratore, con buona posizione economica, che con te farebbe la signora, altro che uno studentello squattrinato!
Giovanni assentiva con impercettibili movimenti della testa poi, quasi soppesando le parole, disse:
- Hai detto bene, però non insisterei tanto sulle condizioni economiche.
- Come vedi, - continuò Mario, quasi non l’avesse ascoltato, seguendo il filo del suo sconclusionato discorso -  non è stato facile convincerla anche perché, ma forse già te l’ho detto, lei cerca un tipo diverso…un impiegato, un vigile urbano…
- Ma non mi hai appena detto che è innamorata di uno studente? -  contestò Giovanni che aveva già fissato nella mente il suo rivale in amore.
- Si, ti ho detto che è innamorata dello studente ma non che si è fidanzata con questo, proprio perché non ha ancora una solida posizione economica e…- Mario si arrampicava sugli specchi per camuffare le contraddizioni del suo discorso -  perciò aspira al vigile o all’impiegato, ma, tu non temere, sei in ottima posizione perché sei commerciante e col commercio si fanno soldi a palate.
- E allora?
- Allora…allora ci sono riuscito a convincerla per il rendez-vous.
- Il rendez-vous? Si spazientì Giovannino. 
Si capiva, dal tono e da un tic nervoso che gli faceva storcere la bocca, che era piuttosto scocciato. 
- Voglio sapere dell’appuntamento!
- Sciocchino innamorato, scherzò Mario, il rendez-vous è l’appuntamento, come si dice a Paris, dove la porterai in viaggio di nozze !
Giovannino rimase senza parole, smise quasi di respirare. Gli occhi roteavano a destra e a manca seguendo  i suoi pensieri che si  inseguivano in un flusso ininterrotto. Alcuni recavano gioia altri ansia. Gioiva nell’immaginarsi con lei, ma come si sarebbe dovuto comportare? Che le avrebbe detto, avrebbe dovuto baciarla o solo abbracciarla? Forse sarebbe stato più serio rimandare le intimità ad altro incontro ma se per questo comportamento lei poi l’avesse giudicato poco virile? 
Mario si preoccupò vedendolo quasi in trance per l’emozione. Lo prese per un braccio e lo fece sedere su una sedia e gli suggerì di respirare profondamente a bocca  aperta come facevano i calciatori quando  non riuscivano ad assorbire una pallonata alle parti basse.
Dopo qualche minuto Giovannino tornò parzialmente in sé  e con un filo di voce chiese: - per quando?
- Quand’è che svuoti le trippe?
- Giovedì, rispose, ma cosa c’entra?
- C’entra, e come se c’entra. Quando fai quel lavoro emani un afrore di sterco di mucca da dare il vomito; scusami se te lo dico ma non posso tacertelo, nel tuo interesse. Non vorrai mandare a monte tutto a causa del tanfo di trippa?
- Certo, hai ragione, faccio un mestiere sporco, si scusò Giovannino.
- Guarda che non te ne faccio una colpa anzi ogni lavoro è più o meno nobile, almeno così si dice, solo che, essendo esperto di queste cose mondane, so bene che le donne scelgono chi ha un odore gradevole. Profumo e non puzza, scusa la franchezza. Quindi torniamo a quel che più ci interessa.
- Dunque, dunque…-  restò pensieroso come se stesse calcolando il pro e il contro di varie ipotesi - giovedì con la trippa; venerdì e sabato per spuzzarti…
- Non sono mica un pozzo nero, protestò sommessamente Giovannino.
- Dico che è meglio dedicare due giorni a fare decantare il cattivo odore e l’appuntamento sarà per domenica, alle sei del pomeriggio dietro il muro del cimitero.
- Ma sarà quasi buio, obbiettò Giovannino, rabbrividendo al solo pensare al luogo dell’appuntamento molto isolato e non proprio allegro.
Per recarvisi, infatti, bisognava oltrepassare le ultime case del paese, percorrere una strada non illuminata,  alberata da grossi platani che attraversava i campi coltivati a canapa e giunti a metà della stessa, prendere un viottolo in terra battuta che, rasente il muro di cinta del cimitero, portava ad una casupola, dove, secondo  malevole voci di paese, viveva gente di mal affare.
- Queste cose si fanno di nascosto; non avrai mica paura?
- Io? Per me va benissimo, disse Giovannino,  ostentando  finta spavalderia  e per chiudere l’argomento, andò al telefono attaccato al muro e compose frettolosamente il numero del bar.
- Due caffè ristretti, sono Giovannino - ordinò.
-Non per me, s’intromise Mario, oggi ho un po’ di bruciore allo stomaco; è meglio un analcolico.
Giovannino modificò l’ordinazione e attaccò la cornetta.
- Mi raccomando, completò il discorso Mario, brusca e striglia in quei due giorni.
-Manco fossi un cavallo, commentò un po’ risentito il giovane innamorato.
- Dicevo così per sottolineare che devi assolutamente toglierti di dosso l’odore di carne e trippa. Ogni sera mettiti in ammollo in acqua bollente in cui avrai versato profumo senza risparmio.
Arrivarono gli amici di Mario in macelleria che la conversazione era già conclusa e Mario volle aggiornarli sugli ultimi  finti favorevoli sviluppi della finta love story.
Le congratulazioni si sprecarono. Baci, pacche sulla spalle da fratturargli una scapola, abbracci volutamente soffocanti, tutte effusioni che il povero Giovannino accolse frastornato ma con benevolenza non dubitando della sincerità delle stesse.
Nei giorni successivi Mario ed i suoi complici tra di loro non parlavano d’altro e  si incontravano per mettere a punto lo scherzo nei minimi particolari.
Giunse, finalmente, il giorno del tanto desiderato incontro.
Giovannino, in abito scuro, alle cinque del pomeriggio, si presentò a casa di suo cugino Alex, come Mario gli aveva suggerito anzi ordinato, per sottoporsi ad una supervisione dell’idoneità dell’abbigliamento e dell’aspetto.
Ad attenderlo c’era Alex con Mario, gli altri non c’erano. A Giovannino sembrò molto strano tanto da chiedere come mai il gruppo non fosse al completo.
Preso alla sprovvista Mario disse ad Alex:-  spiegaglielo tu. 
Era un sotterfugio per prendere tempo.
- Perché non ci sono? Rispose Alex non sapendo cosa dire.
Ma Mario, pronto; - sai, sono dei bigotti e si sono dissociati non approvando che ti si dia man forte ad incontrare una ragazzina ancora illibata; temono che tu possa mancarle di rispetto.
- Ma io, protestò Giovannino, ho tutte le migliori intenzioni.
- E’ ben per questo che noi ti aiutiamo. Vieni qui - disse poi - fatti vedere.
Giovannino gli andò vicino e rimase in posizione di attenti, come se un ufficiale dovesse passarlo in rassegna.
-Bene, bene – faceva Mario – aggiustandogli il nodo della cravatta; anzi benino, abito da sera e non da pomeriggio. Meglio sarebbe stata una tenuta più sportiva, siete una coppia giovane. Lei, certo, non avrà indossato un abito elegante. Che, poi, sta così bene con quella maglietta attillata che esalta quei frutti non ancora maturi.
- Mario! Ti prego di moderare i termini, Graziella sarà la mia fidanzata.
- Ah, scusa tanto, mi era passato di mente. Ma questi capelli! Dammi il pettine.
Alex andò a prenderlo e glielo passò. 
Mario gli tracciò una riga centrale sul cranio dividendogli in due i capelli, formando due ciuffi che gli coprivano le orecchie e parte delle guance.
- Ora il profumo. 
Alex, volenteroso assistente, gli porse un una boccetta di acqua di Colonia. Mario ne spruzzava addosso al povero  malcapitato in quantità esagerata. 
- Basta, protestava Giovannino.
- Ancora - sosteneva invece Mario  - Dovrai inebriarla e stordirla per farla tua completamente questa stessa sera!
Giovannino, in verità, cominciava ad averne abbastanza di tante attenzioni, tuttavia non osava ribellarsi poiché tutte le manovre erano eseguite da Mario che era il suo mentore.
- Vediamo le mani.
Giovannino gliele mostrò.
Mario emise un urlo: - No! Non è possibile. Tu osi presentarti al primo appuntamento con queste mani!
In verità le mani di Giovannino facevano un po’ senso perché, per quanto le avesse lavate a lungo, sotto le unghie era rimasto un impasto di grasso e polvere sicché risultavano tuttora orlate da una striscia di nero indelebile.
Il cugino stando al gioco: - troviamo una soluzione immediata  affinché l’incontro abbia esito positivo.
- Cosa proponi? 
- Questo! - E mostrò una ampolla di smalto bianco.
- No, lo smalto no, sussurrò quasi rassegnato Giovannino, come chi non può sottrarsi ad una condanna ma ugualmente protesta sottovoce ritenendola ingiusta.
- Dammi le mani intimò autoritario Mario; mascheriamo solo il nero - e prese a tracciare una linea di bianco dove le unghie erano listate a lutto.
Finita questa ultima operazione lo guardò soddisfatto e disse: - Ora, sono sicuro, ti arriderà il successo. Vai che è tardi e non devi farla aspettare, quel luogo può essere pericoloso. E sottolineò l’ultima parola sillabandola con tono grave e spalancando gli occhi per aumentare il timore che Giovannino aveva già in precedenza manifestato per il luogo dell’appuntamento.
- E dalle un bacio da parte mia, uomo fortunato! 
Così dicendo gli mollò una pacca sulla schiena con tanto vigore che Giovanni fece un salto in avanti.
- Vado, disse con una voce strozzata che esprimeva emozione ma anche l’ansia di incontrare il suo primo amore.
Guardò l’orologio. Mancavano poco più di dieci minuti alle diciotto e il sole era già basso sull’orizzonte. Giovannino decise allora di avviarsi celermente all’appuntamento.
Uscì  dal portone quasi di corsa senza voltarsi indietro, percorse a passo sostenuto la strada fino alla chiesa, dove rallentò pensando che lì sarebbero entrati un giorno con l’abito nuziale lui e l’amata.
Per non dare nell’occhio poi il corso principale, alquanto frequentato, lo percorse ad andatura normale accelerando nei tratti deserti finché uscì dall’abitato. Mancavano ormai poche centinaia di metri al luogo convenuto. Giovannino si fermò titubante; per un attimo gli venne meno la fiducia in se stesso e si sentì inadeguato all’impegno.
Preso dall’ansia tossicchiava di continuo, poi si rifece audace pensando al premio finale che avrebbe ottenuto.
Percorse svelto un tratto della strada solitaria fiancheggiata dai filari di grossi platani che guardava con apprensione temendo qualche insidia nascosta dietro  a quei tronchi giganteschi. Quando giunse al muro perimetrale del cimitero fu percorso da un brivido. Si era al crepuscolo e guardando in alto vide le luci dei loculi delle cappelle che superavano in altezza il muro. Per un attimo pensò di rinunciare all’impresa ma subito si rincuorò pensando che sono i vivi che possono far del male e non i morti, come gli diceva sua nonna. E poi, per farsi coraggio, si disse: - dai, mostrati uomo, sii degno della tua donna. Ma non pensò mai che sarebbe stato molto improbabile che una ragazzina potesse raggiungerlo in tale località.
Giovanni svoltò in un viottolo sterrato che correva parallelo al muro del cimitero. Lo stradone era fiancheggiato da erbacce e cespugli che emanavano un odore sgradevole. Intorno, nei campi coltivati, le piante di canapa ancora verdi avevano già raggiunto l’altezza di circa due metri e formava un compatto muro vegetale.
Nella luce del crepuscolo Giovannino aguzzò lo sguardo per scrutare se vi fosse già la ragazza ad attenderlo. 
Il silenzio era rotto solo dallo stridulo canto dei grilli. Si inoltrò ancora per una decina di metri speranzoso che lei per sottrarsi ad occhi indiscreti si fosse fermata oltre la curva che portava  al casolare isolato.
Oltrepassò la curva. Non c’era nessuno. Si fermò per asciugarsi il sudore che dalla fronte gli scivolava negli occhi causandogli un forte bruciore. Non sapeva decidersi se attendere lì o ritornare sui suoi passi, per andare incontro a Graziella. 
All’improvviso un urlo agghiacciante, proveniente dalla piantagione di canapa alla sua sinistra, squarciò il silenzio. A Giovannino il sangue si raggelò ma ebbe tuttavia la forza d’animo di avviarsi lentamente verso la strada maestra cercando di non rivelare la sua presenza. 
Seguirono una raffica di mitra, urla scomposte, pressanti richieste d’aiuto e, infine, violenti scuotimenti della canapa  come se qualcuno lo stesse inseguendo.
Quando Giovannino percepì chiaramente: “ammazzalo quello  che ci sta spiando”,
scattò a correre con tutta la forza che aveva ancora a disposizione e fu più veloce di quanto avesse mai pensato di essere. In pochi secondi superò il viottolo e la strada dei platani e si ritrovò ansimante e coi polmoni che gli bruciavano tra le prime case del paese. Aveva un forte dolore al fianco destro. Si fermò e piegò il busto in avanti cercando in tal modo sollievo al dolore provocato dalla  brace viva  che gli rodeva il petto.
Quando si raddrizzò,  si accorse che nella sua direzione avanzava l’inconfondibile caschetto dei suoi desideri . Era senza ombra di dubbio Graziella. 
- Eccola, viene all’appuntamento. Che faccio? Torno indietro o l’aspetto qui? Accetterà di parlarmi qui dove possono vederci? Mi giustificherò, le dirò tutto…mi capirà.
Intanto Graziella era a un passo da lui.
- Ciao, le disse, raccogliendo tutto il suo coraggio. – Ti chiedo scusa se non ti ho aspettato lì, ma per te non è un posto sicuro…
- Scusami Giovanni, anzi Giovannino vero?, ma io non  capisco…
- L’appuntamento, non era qui, lo so, era là,  ma…le urla, gli spari…
- Non è che hai bevuto? Fai discorsi strani, ma poiché finalmente mi hai rivolto la parola voglio approfittarne…-  la ragazzina abbassò lo sguardo -  per dirti che… abbassò anche  il tono della voce. 
Un po’ si vergognava a fare una dichiarazione ad un ragazzo. Sconvolgeva le convenzioni. 
- Da tempo desideravo che ti rivolessi a me ma con altre parole; mi avrebbe fatto piacere conoscerti ma non ho mai avuto il coraggio di fermarmi  anche se passo tante volte davanti al tuo negozio e tu esci fuori a guardarmi. Almeno così mi è sembrato.  Ora che mi hai rivolto la parola voglio dirti che mi sei simpatico e, insomma, mi piaci. 
L’ultima frase la pronunciò velocemente tutta d’un fiato, espirò poi con forza come emettendo un sospiro, quasi si fosse liberata da un grosso peso.
Giovanni non capiva se stava sognando e se da lì a poco si sarebbe svegliato e Graziella sarebbe scomparsa. Osò un atto audace.
Le prese la mano per convincersi che la ragazza era reale. Graziella non la ritrasse anzi strinse quella di Giovannino e la trattene tra le sue.
- Se mi aspetti cinque minuti, entro per una commissione in questo palazzo e poi, se vuoi, mi riaccompagni a casa.
- Se voglio?  Non aspetto altro da una vita!
- Ma va! Fece Graziella e si allontanò.
Giovannino allegro, entusiasta, felice l’avrebbe attesa anche tutta la notte ma lei dopo pochi minuti era di ritorno.
- Andiamo - disse e si avviarono verso casa conversando amichevolmente.
Al bar del corso intanto si era radunata tutta la combriccola di Mario. C’erano con Mario e  Alex,  anche Ciro, Patrizio e gli altri  che nascosti tra la canapa avevano inscenato quel putiferio per spaventare il povero ragazzo innamorato e che  erano ritornati in paese seguendo un sentiero di campagna, per non mostrarsi a Giovanni. Tutti pregustavano il divertimento e l’ilarità  di quando avrebbero rivelato al malcapitato lo scherzo attuato. Già si spanciavano dalle risate ricordandosi a vicenda i momenti salienti della preparazione dello scherzo, i caffè bevuti a scrocco, la corsa precipitosa del ragazzo appena sentite le urla…
Erano pronti ad accogliere un Giovannino depresso e deluso, di ritorno dalla disavventura e a ridere di lui e del suo innamoramento.
Invece che stupore e che delusione quando il ragazzo passò con Graziella davanti a loro. E che gelosia! Quel fiore nelle mani di un ragazzino. Il pane a chi non ha denti.
- Buona serata a tutta la compagnia, disse a voce piena il ragazzo evidentemente euforico e orgoglioso.
- Ma, che.., come, cosa… furono i versi che uscirono dalle loro bocche allibite e deluse.
Moggi, moggi si sedettero ai tavolini del bar con la coda fra le gambe come cani bastonati. 
- Ma allora veramente hai brigato per metterli insieme, chiesero a Mario. 
- Fossi matto! Vi giuro che non ho speso nemmeno una parola, con quella ragazza non ho la minima confidenza. Non riesco proprio a spiegarmi come si siano potuti incontrare. E’ un miracolo dell’amore.
due cuori pulsanti 
 
Giovedì, 03 Agosto 2017
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