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Fegato di coniglio alla veneta

Fegato di coniglio alla veneta

 Fegato di coniglio alla veneta

(by Antonio Abbate)

Si incontrarono in una vasta radura. L’erba folta e grassa riluceva sotto i raggi del sole allo zenit. Una lieve brezza sospingeva gli alti steli facendo ondeggiare quel mare verde con un movimento leggero e intermittente.

Si sentì chiamare e si voltò. Non vide nessuno. Volse allora lentamente lo sguardo intorno e lo vide.

Ai margini del prato, dove iniziava una folta siepe, massi squadrati disposti a semicerchio potevano sembrare resti di un antico altare sacrificale.

Su di esso al centro c’era un coniglio, in posizione eretta appoggiato sulle zampe posteriori.

Non lo mise subito in relazione  con la voce che lo aveva appena chiamato: i conigli non parlano.

Riprese il suo cammino ma la stessa voce stridula e metallica, innaturale lo bloccò.

- Non fingere di non vedermi, uomo ! Avvicinati!

Si avvicinò dubbioso temendo uno scherzo di qualche buontempone.

- Non è uno scherzo – disse il coniglio.

- Ah… Non solo parli ma sai anche leggermi il pensiero! Sei proprio magico.

- Qui noi conigli,  possiamo parlare, leggere il pensiero, conoscere tutta la realtà.

- Conosci anche il futuro? Vorrei sapere se…

Il coniglio non gli fece completare la richiesta.

- Ho detto che conosciamo la realtà. Il futuro non è cosa esistente, non è reale poiché non si è ancora concretizzato.

- Che filosofo che sei – ironizzo l’uomo – ma dimmi: cosa vuoi da me?

- Perché hai mangiato il mio fegato? Gli chiese il coniglio senza altri preamboli.

- Il tuo fegato? Intanto non potevo sapere a quale coniglio fosse appartenuto e poi era diventato mia proprietà in quanto regolarmente acquistato.

- Avresti potuto acquistare altro, con tanta merce esposta sugli scaffali del supermercato, perché proprio  il mio fegato?

L’uomo sbuffò. 

- E dai! Ma come devo dirti che non sapevo che era il tuo. Però ti faccio i miei complimenti perché era davvero buonissimo. Senti come l’ho cucinato.

- Ho affettato sottili due belle cipolle.

- Due cipolle? Mi sembrano troppe per il mio piccolo fegato.

- Non sono troppe. Alla fine della cottura si riducono ad una salsina dolce che riesce a stento ad avvolgere i tocchetti di fegato. Il tuo fegato non è piccolo, anzi proporzionato al tuo corpo, hai un fegato enorme. Consentimi la battuta: hai veramente del fegato, eppure sei così timoroso.

Mi hai fatto perdere il filo… che stavo dicendo?

- Parlavi di cipolle.

- Le ho rosolate per qualche minuto nell’olio della padella, poi ho aggiunto mezzo bicchiere d’acqua calda ed ho coperto. Abbassato il fuoco, le ho fatte andare lentamente fino a che le cipolle sono diventate morbidissime. Le ho schiacciate con la forchetta per ricavarne la salsina che ti dicevo.

A questo punto ho messo in padella il fegato a piccoli tocchi. L’ho ben rosolato e poi bagnato con un poco di vino bianco. Ancora pochi minuti a padella coperta ed ecco pronta una pietanza gustosissima.

- Ho i miei dubbi che sia gustoso – intervenne il coniglio – Ma ti chiedo: con tanti cibi che hai a disposizione per quale motivo devi mangiare carne? Non ti domandi se sia lecito uccidere gli animali?

Prima di rispondere l’uomo ci pensò per qualche secondo. La domanda lo imbarazzava.

- Con questa domanda mi insinui dei dubbi. Che ti devo dire? Io non sarei capace di uccidere. La carne l’acquisto in macelleria senza alcuna remora ed in tutta serenità,  come compro altri prodotti. Credo che nutrirsi di carne sia un comportamento innato nell’uomo come nei tanti animali carnivori. Considera che la natura ha fornito l’uomo di una dentatura da onnivoro, quindi adatta a nutrirsi anche di carne…

Però, mentre ti parlo, mi occupa la mente un dubbio che solo tu puoi chiarire. Se io ho potuto mangiare il tuo fegato, è perché sei stato ucciso. Dunque come fai ad essere presente in questo luogo?

- Non l’hai ancora capito? Pensavo fossi più intelligente. Questo è il paradiso degli animali dove vengono tutti gli spiriti non umani dopo la vita terrena. Ti vedo perplesso. Ritieni che solo tu possiedi un’anima immortale? 

Devo ammetterlo – rispose l’uomo – Era questa la mia opinione. Ma sono contento per te. Qui ti trovi bene? Mi sembri in gran forma.

- Benissimo, non manca niente per essere felici. Abbiamo erba fresca e sapida di ogni specie; c’è sempre il sole e mancano i predatori compreso il più crudele, l’essere umano.

- Se le cose stanno come dici, non capisco allora perché ti lamenti se uccidendoti ti hanno dato l’immortalità.

Il coniglio fece una pausa di riflessione prima di rispondere poi disse: - perché mi è rimasto il rammarico di non aver sperimentato quelle cose che possono rendere la vita desiderabile.

- Per esempio? Chiese l’uomo.

- Forse l’amore – rispose il coniglio.

-  Bah… L’amore! Cosa pensi che sia. Un inganno della natura per far sì che la specie si perpetui. L’amore è come un impulso ossessionante, l’uomo lo chiama sentimento, che spinge i maschi di ogni specie a competere per accoppiarsi con le femmine.

Con l’amore la natura ottenebra l’intelligenza e così gli esseri viventi sprecano le loro energie per poter trasmettere ai discendenti i loro geni. Pensa che alcuni uomini sostengono che in tal modo una parte di sé diventa immortale. Ma a che scopo, se chi muore non avrà coscienza della vita del suo discendente?

Per questa follia  assistiamo a lotte sanguinose e furibonde: ho visto l’elefante marino terminare gli scontri per il possesso dell’harem con ferite profonde  sanguinanti e con la proboscide lacerata; i cervi scontrarsi violentemente e talvolta incornarsi a morte; il leone, crudele e cinico, uccidere la prole altrui per accoppiarsi al più presto con le femmine del branco.

-  E degli uomini non dici niente, intervenne il coniglio. Essi si accoppierebbero con ogni donna che vedono.

- Parla per te e la tua razza, gli rispose l’uomo, che per questo siete famosi.

Però ti do parzialmente ragione. Certamente agli albori della civiltà umana, quando l’uomo era molto più simile, per aspetto e comportamento agli altri primati e viveva in branco, il dominante si accoppiava ripetutamente con tutte le femmine belle o brutte. Per tale scopo spaccava a colpi di clava la testa a chi gliele insidiava e le femmine restavano sottomesse al più forte.

 - Mi sembra che questo comportamento delle donne fino ad oggi non sia cambiato – affermò il coniglio - Scelgono sempre l’uomo più forte intendendo per tale non solo chi ha più muscoli ma anche chi ha più potere e danari.

- Invece -  continuò l’uomo - ora si prediligono le donne belle e per esse i maschi possono fare follie: sperperano patrimoni, tradiscono l’amicizia, arrivano perfino all’omicidio del rivale in amore. E tanta nefandezza solo per trasmettere i propri geni. Ciò detto, non pare che tu abbia perso molto.

- Senti – gli disse il coniglio cambiando repentinamente argomento  - mi hanno riferito che comunque non potrai più mangiare  i miei simili, poiché una legge lo vieterà.

- Ne ho sentito parlare anch’io, gli rispose l’uomo, ma sono convinto che tale legge non sarà mai approvata. Mi sembra illogico vietare il coniglio e non l’agnello, il vitello, il maiale… non sono sempre animali?

 - Giusto! E allora tu non mangiare nessun tipo di carne.

- Ancora con questa assurda richiesta.

- Assurda? Che diresti se esistesse un essere superiore all’uomo che si nutrisse abitualmente della sua carne?

- Sarebbe orribile, ma inevitabile.

- Se è inevitabile, allora oggi sarai tu il mio pasto – lo minacciò il coniglio.

Ciò detto inizio a crescere fino a diventare una bestia di dimensioni gigantesche.

Spalancò la bocca mettendo in mostra due incisivi enormi che come due asce si abbatterono violentemente sulla testa dell’uomo.

Fiotti di sangue vermiglio lo inondarono scorrendo a rivoli lungo il collo. L’uomo cadde all’indietro in posizione supina, eppure non sentiva alcun dolore. Portò le mani alla testa, poi le ritrasse e le guardò. Stranamente non erano sporche di sangue ma umide di sudore come madido di sudore era tutto il suo corpo. Come era possibile? Volse lo sguardo  verso l’alto e non vide l’azzurro del cielo e il sole splendente ma un soffitto parzialmente illuminato da un infuocato raggio di sole al tramonto. Si trovava sul suo letto dove si era disteso per il riposino del dopo pranzo.

- Il fegato alla veneta era tanto gustoso, ma che fatica per digerirlo! Devo averne mangiato troppo, constatò rasserenandosi.   

Lunedì, 05 Giugno 2017

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