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Un fidanzato molto particolare

2022 Un fidanzato particolare1

By Antonio Abbate 

Tinetta, dopo aver preteso che Assuntina giurasse solennemente con le parole e coi gesti rituali, di mantenere a tutti i costi il segreto, le rivelò che era innamorata di Ciro.

Assuntina tenne il segreto per una settimana, poi rivelò la notizia a Mario ritenendo di non violare il giuramento poiché, tra le amicizie e conoscenze di Tinetta, di Ciro ce n’erano quattro. “A Mario ho detto Ciro ma non quale” si giustificò.

Mario invece intuì subito di quale Ciro la ragazza era innamorata poiché all’ultima festa di compleanno alla quale avevano partecipato tutti i suoi amici, Tinetta, dovendo sceglier un pegno da pagare, tra dire fare e baciare aveva optato per baciare e, con eccessivo entusiasmo, aveva dato un bacio al Ciro, amico di Mario, pagando ben più di quello che il pegno esigeva.

Appena ne ebbe l’occasione Mario riferì la confidenza fattagli da Assuntina a Ciro che apparve per nulla sorpreso.

“Lo so, gli disse, sta a vedere”. Prese da un cassetto della scrivania un foglio e lo mostrò a Mario. “Me l’ha consegnato Assuntina”.

C’era disegnato un grande cuore tutto rosso che circoscriveva i nomi Ciro e Tinetta; sotto il cuore c’era scritto. “A Ciro amore mio”.

“Che intendi fare? La ragazza merita”

“Non ci faccio niente, rispose Ciro, è solo una ragazzina di quattordici anni che ha perso la testa per uno più grande. Non voglio approfittarne”.

“Allora il cuore disegnato non ti serve. Me lo regaleresti che ho già un’idea di come utilizzarlo?” chiese Mario.

“A farne che?”

“Vedrai!”. 

Nel gruppo di amici i soldi scarseggiavano. Aveva un po’ di lire qualcuno della compagnia che già lavorava.

Gli altri erano al verde o perché ancora studiavano o perché, pur avendo conseguito un diploma, erano in attesa di un’occupazione che tardava ad arrivare.

Solo Ciruzzo, non studiando e non lavorando ufficialmente, possedeva sempre un bel po’ di moneta che prelevava dal cassetto del bancone della tabaccheria di suo padre, uomo rozzo e violento, contadino poi divenuto commerciante avendo ottenuto la licenza di vendita di generi di monopolio.

Privo di intelligenza e imprenditorialità, si limitava a smerciare sale e tabacchi in un negozio lurido, senza alcuna vetrina o altra attrattiva per pubblicizzare la merce.

All’interno della rivendita, sulla sinistra dell’ingresso era posta una mezza botte piena di sale da vendere sfuso; sulla parete di fronte all’ingresso su una scaffalatura in legno ad alveare erano messe in mostra le confezioni di sigarette in stecche e a pacchetti sciolti.

Al centro della stanza un lungo bancone su cui in posizione defilata stazionava una bilancia a due piatti per la pesa del sale e una fila di pesi esagonali.

Il bancone era dotato di un grande cassetto nel quale si ammucchiavano alla rinfusa le banconote e le monete incassate in giornata senza alcuna registrazione e da esso il ragazzo attingeva, in modica quantità, quando sostituiva momentaneamente il padre, pur sapendo che se fosse stato scoperto, la punizione fisica conseguente sarebbe stata molto pesante.

Ciruzzo non era membro effettivo del gruppo; gli avevano concesso il privilegio di giocare a calcio con loro ma solo quando portava lui il pallone. Gli veniva assegnato spesso il ruolo di portiere benché fosse basso e magrolino o se il ruolo era già coperto, quello di arbitro, incarico che svolgeva egregiamente grazie alla pignoleria che lo caratterizzava. Le prime volte accettò l’incarico di arbitro malvolentieri; successivamente, dopo avere preso, stando in porta, delle violente pallonate sul volto a cui “gli amici” miravano dolosamente, fu ben lieto di partecipare al gioco come giudice di gara.

Era di una tirchieria esasperante ed inammissibile per uno che si pensava potesse attingere liberamente dal bancone.

Un giorno che si fece una colletta per l’acquisto di una bottiglia di chinotto da bere dopo la partita al posto della solita acqua della fontana, non furono in grado di scucirgli nemmeno cinque lire.

“Troverò il modo di fargli spendere molto di più promise Mario”.

“Non ci riuscirai mai - gli disse Ciro - nemmeno se lo pesti a sangue”.

“Vedrai come pagherà volentieri il gonzo”.

Mario parlava così perché Ciruzzo aveva avuto l’imprudenza di confidargli di essere perdutamente innamorato.

Era alla sua prima cotta. Si era invaghito di Tinetta.     

Ottenuto da Ciro il disegno inviatogli dalla ragazza, di pomeriggio Mario si presentò nella tabaccheria; Ciruzzo era al bancone.

“Ciao Cirù, ti porto una bella notizia”.

“Non aspetto notizie”, rispose diffidente il ragazzo.

“Allora se non ti interessa vado via e riferirò alla ragazza che non ci stai!”.

Attese qualche secondo: “Ti saluto frescone” disse e fece finta di andarsene.

“Aspetta, aspetta” lo richiamò Ciruzzo “ma di quale ragazza parli”?”

“La tua e quale se no!”.

“Non ho ragazza, la sai”

“Non l’avevi – ribadì Mario - ma adesso dipende da te.”

Ciruzzo s’incuriosì. “Allora dimmi, dimmi.”

Mario ci pensò un attimo: “Oggi non mi va più di dirti niente. Forse domani, vediamoci, sempre se ti interessa, alle quattro al Bar di don Pasquale “‘A muntagna”.

Il titolare del bar era così soprannominato per la gigantesca straordinaria fisicità.

L’indomani, avvisato da Mario, c’era anche Ciro.

Era un pomeriggio caldo e assolato mitigato da un leggero vento che mulinava bassa e veloce la polvere della strada.

Ciruzzo li vide seduti al tavolino sotto un ombrellone e si avvicinò cautamente.

Sembrava piuttosto contrariato dalla presenza di un terzo incomodo. Aveva ragione: il motivo dell’appuntamento era molto intimo e alla presenza di un terzo conseguiva l’esborso per una terza consumazione.

“Dovevamo essere soli per…”

“Non parlare a sproposito” lo interruppe Mario che era particolarmente bravo ad uscire da situazioni insostenibili. “Se c’è, è perché doveva esserci; siediti e capirai.”

“Ho fretta” rispose Ciruzzo. Sperava che restando in piedi avrebbe evitato di dovere ordinare.

“Ma siediti” disse con tono imperioso Mario; “anzi siediti e ordina tre aperitivi che ho la gola secca e devo darti tante buone notizie, sempre che tu voglia ascoltarle.”

Finalmente, a malincuore, si sedette e ordinò tre aperitivi che poi pagò con le lacrime agli occhi. Era troppo grande la curiosità di apprendere notizie sull’oggetto dei suoi desideri che riuscì a far violenza alla sua tirchieria.

Sorseggiarono la bibita che Mario gustò con esasperante lentezza mentre Ciruzzo si struggeva dalla voglia di sapere.

Mario bevve l’ultima goccia capovolgendo il calice in posizione quasi verticale, appoggiò il bicchiere sul tavolino, ammiccò al ragazzo con aria complice, gli dette una pacca complimentosa sulla schiena e con aria da cospiratore si piegò verso di lui e sentenziò: “Mi ha detto che ti ama.”

Ciruzzo sbiancò fino ad assumere un colorito cadaverico e pur credendoci subito finse di dubitare:” Non ti credo.”

Mario si rivolse a Ciro: “Diglielo tu a questo frescone che fortuna che ha avuto. L’amore è proprio cieco; chissà per quale dote nascosta è stato capace di conquistarsi la ragazza più bella del paese, quella che tutti sognano e che tutti vorrebbero farsi.”

“Non parlare così di Tinetta, merita rispetto” sussurrò offeso il ragazzo innamorato.

Ciro tossicchiò, prendendo tempo, perché Mario lo aveva tirato in ballo senza preavviso; poi decise di tener bordone all’amico ripetendo più o meno quello che già aveva detto Mario. Tanto, pensò, mi sembra così stupido che crederebbe anche al Gatto e alla Volpe nonostante abbia letto la storia di Pinocchio.

“Effettivamente ti ama; l’ha detto anche in mia presenza, beato te.”

“No, non ci credo” ripeteva Il giovane.

“Ti do la prova definitiva e non potrai più dubitare” affermò Mario.

Estrasse dalla tasca un foglio ripiegato, lo stese sul tavolino.

“Leggi, guarda cosa c’è scritto”.

Ciruzzo lesse, si soffermò sul disegno più volte, lo prese tra le mani tremanti e lo strinse al petto.

“Allora vado subito da lei” e già si alzava per avviarsi quando Mario con uno strattone lo costrinse a risedersi.

“Dove pensi di correre, dobbiamo completare il discorso. Tu sai di quale specchiata moralità è la pulzella in questione e come sono severe le nobili zie, tutte bigotte all’antica…”

“Certo… certo…” bisbigliava Ciruzzo

“Allora, come mi ha chiesto lei affidandomi il cuore a te dedicato, devi fare di tutto per non comprometterla fino a quando i sentimenti non saranno consolidati.”

“Io sono certo di amarla” protestò a bassa voce supplichevole Ciruzzo.

“Bene questo è un buon inizio ma lei vuole accertarsene e ti richiede una grande prova di amore. Lei chiede di amarvi in segreto, per un certo periodo, per poi far esplodere tutto alla luce del sole in un turbinio di irrefrenabili passioni. Intesi?”

 A Ciro scappava da ridere, per la dabbenaggine del ragazzo e per il linguaggio pomposo e antiquato usato da Mario ma si faceva forza a rimanere serio per non compromettere la riuscita dello scherzo.

“Non ho capito che devo fare” disse frastornato l’innamorato.

“Te lo spiego io. Lo sai che voglio il tuo bene, perciò userò parole chiare e indiscutibili. Stammi bene a sentire: tu ti devi comportare come un fidanzato, per esempio comprarle un anellino, fare regalini in occasioni particolari. A noi, anzi a lei piacciono i dischi, per esempio. Scrivile letterine ma poche. Io farò da tramite fino a quando vi incontrerete e sarò il custode dei vostri segreti. Ti devi fidare di me come lei si fida, tanto che mi ha scelto come compare per le vostre nozze, penso che non avrai niente in contrario.”

“No, mi sta benissimo…”

“Anche a me; tu però devi mantenere il segreto; non parlandone con nessuno della vostra affettuosa relazione fino al giorno fatidico e, se per caso ti capitasse di incontrarla per strada, dovrai comportarti come se incrociassi per caso una sconosciuta; questo comportamento rafforzerà vieppiù il vostro legame e lei potrà apprezzare il tuo virile carattere. Se ti comporterai diversamente lei interromperà la bella storia che ha con te e non darà più seguito alla relazione quella vera più intima”.

“Se si tratta solo di aspettare un po’, qualche mese come tu dici, farò così” promise moggio il fidanzatino.

Iniziò in tal modo l’assurda relazione amorosa di Ciruzzo.

In pratica Ciruzzo esternava i suoi sentimenti a Mario che fingeva di riferirli a Tinetta e faceva da tramite anche nella consegna dei regali. Mario inventava e riferiva poi le risposte più banali non senza aver prima richiesto a Ciruzzo di pagare l’aperitivo o di accompagnarlo a cinema e pagare il biglietto. Arrivò a suggerire quali regali comprare nelle ricorrenze speciali, spesso gli ultimi dischi di successo che andavano ad allietare le serate danzanti che di tanto in tanto organizzava. La strana relazione si protrasse per alcuni mesi e, qualche volta, Mario chiamava tutto il gruppo di amici a partecipare agli utili che, per essi, non andavano mai oltre un caffè al bar.

La storia amorosa virtuale fu interrotta dallo stesso Mario temendo che il ragazzo potesse non mantenere più la promessa e avvicinasse la presunta ignara amata per raccogliere frutti più concreti.

Per il ragazzo Tinetta era diventata una ossessione. Cercava Mario ogni giorno per avere notizie dell’amata, per inviarle appassionati messaggi e insisteva per ottenere il permesso di iniziare una relazione più normale.

Quel giorno non ebbe cuore di fargli pagare anche l’aperitivo e perciò non gli dette l’appuntamento al bar ma si recò in tabaccheria.

Ciruzzo era al bancone e non c’erano avventori. Mario entrò cupo in viso e senza nemmeno salutare disse in tono drammatico:

“Pessime notizie mio caro; ti rimanda l’anello perché è senza diamante e non è un degno anello di fidanzamento; te lo avevo detto che ci voleva una piccola pietra. Mi ha detto che è stanca di un ragazzo tanto tirchio.”

“Ma come, dopo tanto tempo me lo rimanda?”  commentò un irato Ciruzzo.

“Si vede che ci ha pensato a lungo, è una riflessiva. Lo dice il proverbio:” Donna riflessiva a decisione non arriva”. Poi ha capito che se non hai i soldi per un buon anello non avrai quelli per assicurarle una vita agiata; lei è di famiglia benestante, una signora; mi dispiace per te ma è finita.”

Ciruzzo rimase in un silenzio pensieroso, guardò “l’amico” con occhi torvi e sospettosi: “Non è che frequentandoti si è innamorata di te?”

Raccattò l’anello che Mario aveva appoggiato sul banco con gesto lento e rassegnato e se lo mise nella tasca della giacca.

“Me ne farò una ragione anche se ora sono deluso e addolorato; l’anello lo darò alla prossima fidanzata, magari a Rosetta.  Mi piace molto anche lei ed ora che sono libero da impegni amorosi le proporrò il fidanzamento.”

“Bravissimo penso proprio che è la ragazza che fa per te. Vuoi che gliene parli io?”

propose Mario.

“No, no! Non ti permettere. Faccio da solo”.

O non si fidava più dal suo sponsor o l’avventura amorosa con Tinetta sponsorizzata da Mario gli era costata troppo in aperitivi e dischi di successo.

Mario uscì dalla tabaccheria contento di avere messo fine allo scherzo, convinto che il prolungarsi della burla gli avrebbe potuto provocare dei problemi poiché il ragazzo era sempre meno disposto a stare lontano dall’oggetto dei suoi desideri.

La vicenda si era conclusa nel migliore dei modi anche per la vittima che aveva già pronta un’altra ragazza da amare.

Ciruzzo era il tipo giusto per tirargli un altro scherzo ma Mario rinunciò.

Dopotutto non dava tanta soddisfazione burlare quel ragazzo così ingenuo. 

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Lunedì, 02 Gennaio 2023
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