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La Caccia

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   (by Antonio Abbate)

Alex, tra gli amici di Ciro, era il ricco. Non che navigasse nell’oro ma era l’unico che poteva contare sulla “quindicina”. Lui non studiava. Era aiutante nella macelleria di suo zio. Anche sua madre, vedova, lavorava come operaia in una delle tante fabbriche spuntate in paese all’improvviso come funghi per le agevolazioni accordate dal governo.

Alex perciò concorreva solo in parte alle necessità familiari e poteva disporre di una discreta somma prelevata dal salario quindicinale che riceveva e utilizzarla per le esigenze personali e per il divertimento.

Appena riuscì a mettere da parte l’anticipo, acquistò una fascinosa vespa “150” con la quale si recava al lavoro e si pavoneggiava scorrazzando su e giù per il corso, ammirato dalle ragazze che lo guardavano rapite dalla splendida moto.

Da quando possedeva la Vespa, Alex aveva diradato la frequentazione della compagnia giustificandosi, se gli si chiedeva il motivo, col dover star dietro a tutte le sue conquiste.

Il motivo era invece un altro, dedicava il suo tempo libero ad una nuova passione: la caccia.

Vicino alla macelleria dove lavorava, c’era un “coiffeur,” un ex barbiere che si era riciclato come parrucchiere per signora quando i rasoi monouso avevano invaso il mercato delle rasature. Costui esperto cacciatore, adescandolo con racconti di avventure di caccia fantasiose e di immaginari carnieri gonfi di selvaggina, l’aveva convinto a condividere la sua passione,

Alex acquistò un costoso fucile “Beretta calibro 24” a canne sovrapposte più moderno, come gli spiegò l’amico, di quello a canne parallele.

Tenne segreto il nuovo hobby agli amici ben sapendo che non approvavano la caccia ai poveri uccelletti.

Ma il segreto durò per poco poiché Agostino il barbiere cacciatore lo rivelò, “tanto fra amici ci si confida tutto”.

Proprio questa affermazione confermò che il comportamento di Alex era palesemente censurabile ed il gruppo si riunì in Corte Giudicante.

La decisione, scontata, fu di colpevolezza. “Non è ammissibile che tra noi, quasi fratelli, possa esserci un segreto” sentenziò il capo, Mario. C’era poi l’aggravante: si assentava per dare la morte a piccoli graziosi esseri inoffensivi.

La sanzione, non specificata né prescrittibile, sarebbe stata eseguita da chiunque di loro quando se ne fosse verificata l’occasione.

Questa fu fornita da Alex stesso. Un cacciatore vero, anche se come lui non sapeva distinguere una rondine da una beccaccia, non è tale se non possiede un cane da caccia.

“Devi prenderlo cucciolo” gli raccomandò il compagno di battuta “per addestrarlo personalmente; solo così diventerà un cane abile e ubbidiente”.

Acquistò un cucciolo piccolo, carino, con il pelo nerissimo e lucido, grandi orecchie pendule e due occhioni color nocciola che gli conferivano un aspetto tenerissimo.

Per alcuni giorni lo tenne in casa. Ma si sa i cuccioli sono irrequieti. Mordicchiava le pantofole, strappava i panni stesi dai fili, faceva pipì ovunque.

“Porta subito via questo cane, prima che lo caccio di casa a calci” gli intimò la madre.

Alex fu costretto a chiedere aiuto a Ciro che possedeva una casa con giardino.

“Di spazio ce n’è a sufficienza, portamelo”.

Fu così che la bestiola si trasferì in un contesto abitativo più idoneo alle sue esigenze dove aveva ampi spazi per correre, abbaiare liberamente e fare pipì senza suscitare l’ira di nessuno.

Un Eden per il cagnolino sarebbe stato se però non fosse sopraggiunto Mario.

A vederlo si entusiasmò ma non per la bellezza e la tenerezza del cucciolo.

Pensò, invece, che era arrivata l’occasione per eseguire la sentenza. “Alex deve essere punito e questa è l’occasione opportuna” disse a Ciro.

Il giorno dopo, si presentò di buon mattino, a casa di Ciro con un secchiello colmo di un liquido. “E’ tintura per cani” disse a Ciro “Gli cambieremo il colore del pelo”.

Compiuto il misfatto attese, nell’androne del palazzo l’arrivo di Alex col quale, quando giunse, si complimentò.

“Che bello il tuo cane bianco”.

“Sarà il cane di un altro. Il mio è un cane di razza completamente nero”.

“Eppure” replicò Mario “sotto la tettoia, c’è un solo cucciolo tutto bianco”.

“Dai, non scherzare” incalzava Alex “ho fretta, Ciro aprimi il cancello del giardino andiamo a dargli da mangiare”.

Entrarono. Del cane non c’era traccia, sembrava sparito.

“Pluto, Pluto” urlava Alex.

“Topolino, Topolino” gli faceva il verso Mario.

Lo trovarono rannicchiato e tremante sotto i ruderi di una vecchia costruzione da tempo crollata.

Alex rimase senza parole. Poi sbottò: “Cosa gli avete fatto! Dovrei rompervi il muso”. Urlava epiteti sconci a squarciagola.

Agli strepiti di Alex accorse la zia di Ciro che nei pressi del giardino spazzava il cortile. Si rese conte immediatamente della gravità della situazione:

“Chi è il cretino che fa questi scherzi? Questo cane muore avvelenato, fategli subito un energico lavaggio e asportate tutta la vernice dal pelo”.

L’ordine fu eseguito immediatamente; la vernice ancora fresca venne via tutta essendo “ad acqua” e il cane fu salvo anche se come conseguenza gli rimase una rinite cronica che gli compromise il fiuto e la carriera di cane da caccia.

Alex si portò via il cane giurando che non avrebbe più voluto avere rapporti con stupidi incoscienti

A causa di questo episodio Alex si allontanò del tutto dalla compagnia e benché spesso invitato a riunirsi ai vecchi amici, mettendo una pietra sul passato, rifiutava adducendo impegni presi precedentemente.

Si decise, allora, all’unanimità, di recarsi a casa sua per riconoscere seppure implicitamente, di avere sbagliato nei suoi confronti.

Era una domenica mattina umida, piovigginosa, di quelle adatte a trascorrersi in casa propria, magari a poltrire nel letto.

Lo trovarono intento ad oliare le canne del fucile. Al vederli, comparve sul viso di Alex un’espressione interrogativa e sospettosa.

Li salutò senza cordialità e non chiese il motivo della visita.

“Siamo venuti per farti ascoltare il nuovo disco dei Pooh”. “Non posso” rispose; aspetto Ago per provare un suo nuovo fucile nella campagna dietro casa”.

Ago, in quel momento, picchiettò nervosamente sul vetro della porta “Sbrighiamoci” disse sostando sull’uscio, “inizia a piovere”.

Alex frettolosamente prese una manciata di cartucce da un cassetto, agguantò il fucile ed uscì. Si voltò verso gli amici e con sussiego disse: “Se avete voglia di ascoltare il disco, il mangiadischi è sotto il letto”.

Si erano recati da Alex con tutte le migliori intenzioni, per riappacificarsi ma l’atteggiamento di Alex era scostante.

Evidentemente non aveva ancora digerito l’imbiancamento del suo cane.

L’avrebbero costretto ad ascoltare il disco insieme.

Ed ecco una nuova idea di Mario: Ciro sorreggeva il mangiadischi; Mario proteggeva l’apparecchio dalla pioggia che intanto si infittiva, con un grande ombrello e in questa formazione tutti si incamminarono nel viottolo tra i campi.

Si tennero a una decina di passi dai cacciatori in silenzio mentre sul giradischi andava la nuova canzone fino a che i cacciatori puntarono il fucile verso una ignara cinciarella, un batuffolo di piumino multicolore, cinque centimetri di arcobaleno.

E sarebbe stato commesso un atroce inutile delitto se, come per un ordine impartito da un direttore di coro, tutti non si fossero messi a cantare a squarciagola contemporaneamente.

L’animaletto volò via dal cespuglio fra gli applausi.

Alex si avvicinò e disse “Va bene, avete vinto voi”. Poi sorridendo aggiunse: “Però siete i più grandi rompiscatole che abbia mai incontrato”.

Martedì, 26 Marzo 2024
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