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La cena della vigilia

La cena della vigilia

Nella tradizione natalizia napoletana il “Cenone” della vigilia di Natale rivestiva e forse ancora riveste, un’importanza maggiore dello stesso pranzo natalizio. Piatto forte immancabile del “Cenone” era il capitone fritto.
Fui invitato, alcuni anni fa, da conoscenti alla cena della vigilia e il padrone di casa, quasi a scusarsi, mi raccontò che, l’anguilla era stata definitivamente bandita dal menu della vigilia nella sua famiglia per volontà della madre che aveva preso questa decisione quando egli era ancora un bambino, quella volta che…

                                                                  La cena della Vigilia
                                                                     (by Antonio Abbate)

Le urla isteriche e acute risate di donne, provenienti dal soggiorno, svegliarono Renato che stava godendo di un meritato riposo. Era rientrato a casa quella mattina, dopo un lungo periodo di imbarco. Era ufficiale di macchina, un faticoso lavoro che svolgeva con passione e che lo costringeva per lunghi periodi lontano dalla famiglia.
Nelle pause lavorative, tornato a casa, per Renato era un rito irrinunciabile il riposino pomeridiano. Una vera goduria starsene rannicchiato nel suo comodo letto per smaltire la stanchezza e l’umidità accumulatasi nelle ossa a bordo della nave.
Quella sveglia improvvisa l’aveva messo di malumore. Contrariato e accigliato scese dal letto controvoglia per porre fine a quel baccano.
Deciso a fare una paternale a Teresa sua moglie, torvo in viso, aprì con uno scatto nervoso la porta del soggiorno e la scena che gli apparve gli fece, nonostante il cattivo umore, abbozzare un sorriso.
Teresa e la cameriera, carponi, stavano con la testa sotto il divano sollevando così in direzione dell’ingresso le loro ben tornite schiene.
“Guarda è lì” diceva Teresa a Mariella “afferralo subito stretto stretto!”
“Signora non ho il coraggio, mi fa impressione così viscido.”
Renato che era rimasto fermo sull’uscio dubbioso su cosa cercassero, appena capì cosa si trovasse sotto il divano, intervenne:
“Ma in questa casa non è possibile riposare? Tanto chiasso per catturare un capitone! Siete due incapaci!”
Mariella si offese e volle precisare che era solo incapace di catturare quel pesce; per tutto il resto era capacissima.
“Vorrei vedere qualche altro al mio posto come avrebbe reagito! Quello ha aperto una bocca spaventosa che sembrava volermi staccare una mano.”
“Esagerata, fatta in là che ci penso io” e così dicendo Renato strappò con un gesto brusco la pezzuola dalle mani della cameriera e si chinò sotto il mobile.
Quando si rialzò aveva un’aria da trionfatore stringendo la malcapitata preda tra le mani.

“Tieni – disse con tono autoritario alla cameriera – riportalo nella tinozza e metti sul coperchio un peso. Vedrai che non scapperà più.” 2 capitone
Quando la cameriera fu uscita dalla sala, Renato iniziò una filippica contro la moglie:
“Ma la vogliamo smettere con questo capitone a Natale? Ogni Natale, immancabilmente. Piacesse almeno a qualcuno! Ma che dico…almeno piacesse al gatto; ma perché lo compri?”
“Per devozione” rispose sottovoce Teresa.
“Si, per devozione a san Capitone; vuoi forse dire per tradizione.”
Teresa che della pazienza faceva la sua principale virtù e fino a quel punto si era trattenuta per evitare di litigare, non riuscì più a trattenersi e sbottò: “Uffa! Devozione, tradizione… come sei preciso; basta che hai capito, perché tante polemiche?”
Ma Renato non si dette per vinto e continuò imperterrito: “Non è possibile, ogni anno la stessa solfa. A Natale e Santo Stefano il capitone fritto fa la sua solenne comparsa a tavola adagiato sul letto di lattuga ma nessuno che lo degni di uno sguardo, nessuno che ne assaggi un pezzettino, non dico molto, ma un grammo, una molecola, niente.
Poi ci dispiace buttarlo via. Giusto, con quel che costa! E allora che fai? Rispondimi che fai?”
“E te la do la soddisfazione – rispose con falsa accondiscendenza Teresa - Faccio il carpione e lo conservo in umido per Capodanno.”
“Brava! - continuò Renato - Per Capodanno torna in versione umida e si replica il copione di Natale. Nessuno lo vuole, nessuno lo tocca e nemmeno vuole guardarlo e così lo spostano di posto in posto facendogli fare il tour del tavolo sperando che abbandoni al più presto la pista. Così il due gennaio un ultimo tentativo di propinarlo al gatto che schifato scappa via e si nasconde sotto il letto e viene fuori solo quando il capitone finisce nell’umido. Questa volta però nell’umido dei rifiuti perché anche la Befana ha fatto sapere che se, il giorno sei, trova ancora il capitone, a casa nostra non ci mette piede.
Ma piuttosto prendi una spigola, un dentice, un… ma lascia perdere questa specie di serpente bavoso e viscido.”
“La spigola non la so cucinare” finse Teresa per dispetto.
“E che ci vuole: la metti in una teglia da forno, la contorni di patate, una spruzzata di vino, olio sale pepe e la metti in forno.”
“Va bene sarà fatto signor comandante,” concluse ironica Teresa. “Ora ritornatene a letto e riposa in pace.”
“Tiéh “- esclamò immediatamente Roberto facendo per scongiuro il segno delle corna, avendo percepito una malevola allusione.
Nel primo pomeriggio della vigilia Teresa iniziò l’impegnativo rito della preparazione del cenone. Quando fu il momento di sacrificare la grossa anguilla assunse tutte le precauzioni per evitare una nuova fuga. Pose sul tavolo un grosso tagliere di legno, coprì il tagliere con un panno di tela ruvida, affilò per bene un lungo coltello da macellaio, indossò e fece indossare alla cameriera guanti da lavoro di stoffa grezza. Poi diede ordine a Mariella di prelevare la vittima sacrificale.
Quando, però, la cameriera sollevò il coperchio della tinozza in cui era custodito il prigioniero, esclamò: “Uh signora mia, è scappato di nuovo!”
Com’era potuto accadere?
“Mariella - chiese Teresa - che peso hai messo sul coperchio?”
“Uh - rispose Mariella dandosi una manata sulla fronte - signora mia, me ne sono dimenticata.”
Iniziarono, questa volta in silenzio, temendo un nuovo sgradito intervento di Renato, la ricerca del fuggiasco. In cucina non c’era; la porta che dava nel soggiorno era chiusa. Non poteva che essere uscito dall’unica porta parzialmente aperta, quella del balcone.
Teresa si affacciò e lo vide nel giardino, disteso, immobile tra la sterpaglia e un cespuglio di biancospino, sorvegliato da un gatto nero che lo stuzzicava con colpetti di zampa.
La cameriera andò di corsa a prelevarlo e lo riportò in cucina. Nelle sue mani l’anguilla sporca di terra e con residui vegetali incollati alla pelle, sembrava agonizzare tanto si muoveva lentamente.
Il capitone fu messo sotto l’acqua corrente per liberarlo dal terriccio che gli si era appiccicato sulla pelle vischiosa. La bestiola si riprese subito recuperando tutte le sue forze e si dimenava con forza per sfuggire dalla stretta delle mani di Teresa che riuscì a fatica a metterlo sul patibolo.
Quando, però, afferrò il coltellaccio e sollevò il braccio per staccargli di netto la testa, rimase con il braccio a mezz’aria.
Il capitone la fissava con il suo occhietto rotondo e umido, supplichevole, e apriva e chiudeva la bocca ritmicamente come in un muto affannoso discorso. Teresa lo fissò per alcuni istanti ricambiando il suo sguardo poi disse: “Ho capito, mi stai dicendo: - se nessuno della tua famiglia mi gradisce come pietanza, perché mi uccidi? La mia morte sarebbe immotivata e senza scopo.”
Interruppe l’esecuzione, pose il pesce in un secchio di plastica, dotato di manico per facilitarne il trasporto, sigillò il recipiente avvolgendovi intorno un canovaccio. Indossò poi il cappotto e disse alla cameriera di sospendere la preparazione della cena in attesa del suo ritorno poiché lei si sarebbe assentata per pochi minuti.
Si diresse con la sua bicicletta e il suo carico ittico verso la periferia del paese dove una cava in disuso si era trasformata in uno stagno.
Le rive erano occupate da canne di tifa dalle infiorescenze ormai in disfacimento i cui semi volavano via ad ogni refolo di vento, da menta acquatica ancora verde con sfumature di rosso sui margini delle foglie e da lunghe foglie secche residuo delle primaverili fioriture di giaggioli palustri. Un leggero vento increspava la superficie conferendo al piccolo stagno un aspetto più accattivante. Nell’acqua nuotavano tartarughe e pesci rossi immessi nello specchio d’acqua da persone che se ne erano disfatte.
“Una sistemazione migliore in questa città non esiste - disse con rammarico Teresa rivolgendosi al pesce; c’è il mare ma so che vivi in acqua dolce. Ti devi accontentare, questo posto è sempre meglio della padella, spero che ti troverai bene.”
Così dicendo rovesciò delicatamente il contenuto del secchio nel laghetto. La grossa anguilla, libera, si allontanò per un tratto a pelo d’acqua battendo violentemente la coda poi si inabissò.
Teresa fece un cenno di saluto agitando la mano in direzione dello stagno.
Ritornando verso casa passò in pescheria dove acquistò la più grossa spigola esposta sul banco contornata da lattuga di mare per esaltarne la freschezza.
Il cenone fu opulento, secondo tradizione dagli antipasti al fritto misto di mare, ai dolci né mancò l’insalata di rinforzo.
A Teresa, ad ogni portata, furono tributati applausi e complimenti.
“E il capitone?” - chiese invece alla fine Renato.
“E’ partito e mi ha detto di salutarti “ rispose Teresa piuttosto seccata.
“Posso confidarti una cosa? – domandò Renato. Tutto è stato davvero squisito e mi complimento con te, ma, senza capitone a tavola, non mi è sembrato il cenone della vigilia”.
All’osservazione di Renato la moglie rispose con un sorriso vago, appena abbozzato di chi è concentrato su un suo pensiero e non ne vuole essere distratto. Con una espressione del viso di sognante assenza, immaginava quell’anguilla gigante e testarda, che si era guadagnata la libertà con tanta caparbietà, vagare sinuosa e felice tra le radici delle piante palustri del laghetto.
“Buon Natale anche a te” disse Teresa, commossa, all’interlocutore che solo lei vedeva.
I commensali non capirono a chi era diretto quell’augurio. 
3.pungitopo stella natale1

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Per chi vuol provare la ricetta della spigola al forno proposta da Renato:

Ingredienti per 4 persone
Una spigola da 1,200 Kg., Patate 600 gr, olio di oliva, un bicchiere di vino bianco secco, spicchio d’aglio, un peperoncino, origano, prezzemolo, sale.

Preparazione
Pulire, squamare e lavare la spigola, sistemarla in una teglia di grandezza proporzionata e condirla con olio, sale, aglio e peperoncino. Sbucciare le patate e tagliarle a fettine sottili che andranno disposte in fila indiana ai lati della spigola. Bagnare con vino bianco e poca acqua, salare anche le patate ed infornare a 180°C per 15/20 minuti e comunque fino a cottura del pesce e delle patate.
A cottura quasi ultimata estrarre dal forno, cospargere di origano e prezzemolo tritato ed eventualmente far addensare il sugo a fiamma viva per circa 5 minuti.

Giovedì, 13 Luglio 2017
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