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La sorpresa di primavera

La sorpresa di primavera
LA SORPRESA DI PRIMAVERA
(by Antonio Abbate)  
 
Che inverno lungo, triste, piovoso, freddo! Di inverni così non ne ricordava. Neve e gelo a dicembre, a gennaio e a febbraio; a marzo altra neve e pioggia e temporali e freddo da battere i denti. Eppure a marzo non si alternano cielo sereno e improvvisi piovaschi, giorni con temperatura mite ed altri con temperature più rigide? A marzo “ride il sole con l’acqua” aveva scritto un poeta di cui non ricordava il nome.
Questi erano i pensieri di Marco Cenci romano trapiantato a Milano per motivi di studio e poi di lavoro, al quale l’inverno interminabile aveva messo addosso una malinconia esistenziale. 
Certo Milano non aveva il clima di Roma, tuttavia ricordava che in altri anni, nel corso dell’inverno, di tanto in tanto, le nuvole avevano lasciato,  temporaneamente, il posto al sereno. Quest’anno dove era finito il cielo di Lombardia “così bello quando è bello!”.
Insomma Marco non sopportava più pioggia, nuvole, vento e bassa temperatura. Fortemente metereopatico era caduto in depressione: ansioso, fiacco, dolorante, aveva come un cerchio alla testa; pensieri lugubri e tristi ricordi affioravano all’improvviso alla sua mente. Ormai era giunto anche il mese di aprile. Secondo il calendario si era in primavera inoltrata, ma nulla era cambiato rispetto ai mesi precedenti. 
Ancora un fine settimana di pioggia da trascorrere noiosamente in casa. No! Marco non ci stava e benché il cielo fosse nero come il catrame e la temperatura piuttosto bassa, decise che, armandosi  precauzionalmente di un ombrello, poteva avventurarsi almeno nel parco vicino casa.
In tenuta invernale, con impermeabile ed ombrello percorse  a passo sostenuto i viali asfaltati saltando le pozzanghere che si erano formate negli avvallamenti. Gli altri viottoli erano del tutto impraticabili per il fango. Quando giunse alla sommità di un piccolo rilievo si fermò per riprendere fiato.
In alto ammassi di nuvole nere gonfie di pioggia avanzavano come un esercito minaccioso; intorno a lui nuvole basse stringevano tutto in una morsa fredda e umida di nebbia.
Marco guardò giù dal poggio e vide solo desolazione: il prato ridotto ad acquitrino; i viottoli sterrati sciolti in fanghiglia; alberi ancora spogli, fantasmi supplichevoli, alzavano scheletriche braccia al cielo.
Non riuscì a trattenere il suo disappunto e ritenendo di essere solo in quello squallore, lo gridò a voce alta verso l’orizzonte: “Primavera dove sei! Primavera dove sei!”
Inaspettata gli giunse, come un’eco, la risposta: ”Sono qui, sono qui!” Almeno così gli sembrò.
Allora rifece la domanda e la risposta ora gli giunse molta chiara: ”Sono qui, sto arrivando”.
Marco guardò nella direzione da cui proveniva la voce. In fondo al sentiero che portava sul poggio una donna iniziava la salita ed agitava una mano verso di lui.
Marco si vergognò di avere gridato al vento.  
Intanto la donna si era fatta più vicina e già da quella distanza appariva giovane, di bell’aspetto. Ma quando gli fu veramente vicino Marco sbarrò gli occhi dalla meraviglia: non era l’incarnazione della Primavera del Botticelli perché aveva i capelli neri, nerissimi e luminosi ma quanto a bellezza la superava. Alta, slanciata, elegante, nel viso di una perfezione che dava le vertigini  erano incastonati, come due pietra preziose, occhi raggianti nerissimi, oscuri. Ma di una oscurità in cui  ogni uomo sarebbe stato felice di perdersi, pensò Marco. Con un sorriso che gli riscaldò il cuore gli rivolse la parola: “mi scusi se mi sono intromessa nelle sue esternazioni, ma lei si rivolgeva a Primavera ed io mi sono sentita autorizzata a rispondere dal nome che porto”. 
Parlava un perfetto italiano con accento straniero appena percettibile.
“Permette – disse porgendogli la mano- Gemma Primavera”.
“Felice di conoscerla” rispose Marco stringendole cordialmente la mano. “ Sono io che devo scusarmi per avere urlato come un demente”.
Le spiegò poi il perché del suo sfogo e Gemma disse che lo comprendeva perfettamente poiché anche lei non tollerava più l’anomalo prolungarsi dell’inverno e, come lui, stanca di stare in casa si era azzardata a fare una passeggiata nonostante il tempo avverso.
“Avere fatta l’analoga scelta può anche considerarsi un segno del destino che voleva farci incontrare” aggiunse…
Marco estasiato si era perso nel suo sguardo e nel suo sorriso. Era per lui come se all’improvviso nel nero del cielo fosse comparsa una luce così intensa da far lacrimare gli occhi.
“Mi sta a sentire?” Il richiamo di Gemma lo riportò alla realtà.
“E visto che ci siamo incontrati potremmo, se non ha impegni, continuare insieme la passeggiata”
Marco molto lusingato dalla proposta, accettò con entusiasmo. 
Passeggiarono a lungo per i viali del parco benché piovigginasse. Sotto l’ombrello di Marco, Gemma si stringeva al suo braccio mentre con una certa insistenza si informava della sua vita.
“Non giudicarmi troppo invadente, si giustificava, ma quando conosco una persona che mi interessa voglio subito sapere tutto per decidere se può nascere una vera amicizia o tutto deve restare ad un livello di conoscenza”.
Marco rispondeva con sincerità ad ogni domanda senza prestare attenzione a quel che rivelava, tutto assorto a gustare quelle meravigliose sensazioni che suscitava la vicinanza e il contatto con quella splendida sconosciuta, inebriato dal suo odore carnale e dal conturbante tepore che emanava.
Gemma venne così a conoscere che Mario era un ingegnere, che rivestiva un posto di responsabilità in una multinazionale della meccanica, che abitava da solo, che non era fidanzato.
Alle poche domande che timidamente le rivolse Marco, Gemma rispose in modo piuttosto vago ma Marco non lo notò.
“Abito un po’ qui, un po’ là. Sai, è il lavoro, mi occupo di pubbliche relazioni…”
Fu solo precisa nel dire che era single per avere interrotto una precedente importante relazione che l’aveva profondamente delusa e che cercava l’anima gemella che potesse amarla con sincerità.
Al termine della passeggiata, Gemma gli chiese  se fosse d’accordo a rivedersi. Lei aveva già capito che in Marco c’erano le qualità che  stava cercando in un uomo e perciò sarebbe stata lieta di approfondire la conoscenza.
Marco le dette il numero del cellulare e la sua mail, raccomandandole con molto calore di chiamarlo al più presto.
“Ti do il mio numero”  - disse Gemma. Poi aggiunse immediatamente: “Che sbadata, sto per cambiarlo, poi ti darò quello nuovo.”
 Marco era al settimo cielo per quell’incontro. Non riusciva a credere che una dea potesse interessarsi a lui. Era laureato e con buona posizione lavorativa, ma fisicamente… Non era brutto ma …, insomma un uomo normale come ce ne sono tanti. Non molto alto, un po’ in carne. Portava occhiali da miope che, è vero, potevano dargli un’aria da intellettuale ma denunciavano comunque un difetto fisico. E poi quella pancetta e un accenno di maniglie dell’amore!
Forse Gemma, cercava di illudersi Marco, forse Gemma era stata affascinata da quel richiamo nella solitudine del parco. Forse, a seguito della delusione amorosa cui aveva accennato, per un travagliato amore con uno di quei fusti da copertina, cercava ora un compagno tranquillo, normale che le trasmettesse sicurezza e serenità e questo ruolo gli si addiceva.
Rimase in trepida attesa della telefonata di Gemma Primavera che si fece viva dopo due giorni.
“Ciao, ci vediamo in centro?  Mi farebbe tanto piacere incontrarti”
“Ne sono felicissimo” riuscì a dire ma avrebbe voluto riversarle addosso una cascata di parole che potessero esprimerle i suoi sentimenti e la sua felicità.
Gemma prese a telefonargli due volte a settimana, una per salutarlo ed una per dargli appuntamento.
Nei loro incontri come vecchi amici girovagavano per la città; poi al bar per un aperitivo.
Un giorno andarono al cinema e Gemma gli tenne la mano ma quando Marco tentò di baciarla disse:  “E’ ancora presto. Quando sarò sicura dei miei e dei tuoi sentimenti, sarò io stessa a superare ogni remora”
“Che donna seria e onesta” commentò in cuor suo Marco e la sua stima crebbe ancora di più.
Marco si lasciò andare senza freni alla nuova appagante passione. Si addormentava pensando a Gemma  e, al risveglio, Gemma era la destinataria del suo primo pensiero.
Si incontrarono con le medesime modalità ancora per qualche settimana fino a che Marco le propose di cenare insieme in un romantico ristorante.
“Non in ristorante, rilanciò Gemma, ma a casa tua: Sai, oggi ho bisogno di coccole e tenerezze”.
Immaginarsi! Marco balzò al settimo cielo e già pregustava la felicità che tra pochissimo avrebbe raggiunto.
Si affrettò ad acquistare il necessario per predisporre una cenetta intima e gustosa. Apparecchiò con la tovaglia più bella e le posate nuove né mancò di procurarsi un fascio di rose rosse.
Quando Gemma entrò gli concesse quasi sull’uscio il primo passionale bacio ma quando Marco tentò di andare oltre gli raccomandò di non essere precipitoso: sapeva perfettamente che  a lei piaceva rispettare tempi e modi. Dopo cena avrebbero avuto tutto il tempo per le affettuosità poiché si sarebbe fermata anche a dormire.
”Rilassati – disse – e continua ad occuparti delle tue cose, che alla cucina ci penso io come una brava mogliettina”.
Anche in cucina Gemma si rivelò perfetta.
Cenarono allegramente chiacchierando come due innamorati. Marco euforico mangiava , beveva e si scioglieva dal desiderio guardando la sua compagna.
Gemma si alzava di tanto in tanto per servire a tavola e ogni volta che gli passava accanto gli faceva una carezza o gli dava un bacio sulla guancia.
Verso la fine del pranzo Marcò cominciò a provare un senso di torpore e di stanchezza. “Scusami Gemma, forse ho bevuto troppo. Mi stendo un poco sul divano”
“Stenditi per qualche minuto sul letto – propose amorevolmente Gemma – sarai più comodo”.
Marco provava forte disagio a trovarsi in quella imbarazzante situazione e si adirò con se stesso per aver rovinata una serata attesa con tanto desiderio.
“Non preoccuparti sono cose che possono capitare – cercava di rassicurarlo Gemma molto comprensiva – per l’amore avremo tutta la notte per noi“…
 
…Una lama di luce entrava attraverso una fessura tra lo stipite e l’anta della finestra.
Marco aprì gli occhi e fissò il pulviscolo che danzava all’interno della fascia luminosa.
Dov’era? La testa gli pesava come un macigno, la lingua viscida, in bocca un  sapore amaro e disgustoso.  Cosa gli era successo? Con uno sforzo immane si mise a sedere sulla sponda del letto. L’orologio a muro segnava le dieci. Cominciò a schiarirsi le idee e si ricordò della serata con Gemma. Non era accanto a lui. La chiamò, non ottenne risposta. 
Si alzò e quasi barcollando andò in sala da pranzo. Nessuno aveva sparecchiato e gli avanzi della cena erano rinsecchiti nei piatti.
I cassetti dei mobili erano aperti ed il contenuto in disordine come se qualcuno vi avesse rovistato frettolosamente.
Ritornò in camera e cercò il cellulare. Era scomparso insieme all’orologio d’oro e al portafogli. Nell’armadio non c’era più la somma che aveva da parte per le necessità mensili e mancavano i gioielli che aveva custodito nello stesso contenitore.
Era evidente che aveva ricevuto la visita dei ladri. Per un attimo temette che avessero fatto del male a Gemma poi capì che il ladro poteva essere Gemma. 
Pena e rabbia gli fecero affluire sangue in eccesso al cervello. Come si era fatto raggirare! Vacillò e si dovette sedere per non cascare.
Riavutosi pensò al da farsi: bloccare le carte di credito era prioritario. Poteva farlo velocemente on line. Entrò nel suo studio: vi avevano rovistato come nelle altre stanze portandosi via con altri oggetti di valore anche il PC.
Non restava che andare direttamente in banca e poi al commissariato.
Espose i fatti ad un ispettore di polizia il quale, quando Marco terminò la denuncia, gli chiese se poteva descrivere la donna con maggiori particolari. Dopo di che si mise a frugare in uno schedario da cui trasse fuori un pacchetto di foto segnaletiche.
“Le guardi con attenzione, gli raccomandò, e poi mi dica se in qualche foto riconosce Gemma”.
Marco le fece scorrere più volte ma da subito aveva notato che una foto corrispondeva perfettamente a lei tranne che nella capigliatura chiara.
Rimase tuttavia in silenzio e quasi decideva di fingere di non riconoscerla. In un primo momento non aveva cuore  di farle del male. Poi ci ripensò: ”Quella che denuncio non è la donna della quale mi sono innamorato”.
“E’ questa “  disse indicando la foto di Gemma.
“L’avrei giurato – confermò l’ispettore – questa è Irina  conosciuta anche come Nadine  oppure Margarita  ed ora anche come Gemma Primavera.
E’ una ladra e truffatrice internazionale. La sua specialità è quella di far innamorare uomini che poi deruba o truffa con l’aiuto di un complice che è anche il suo compagno, un pregiudicato ricercato anche per tentato omicidio.
E’ stato, per così dire, fortunato a dormire tutta la notte che se si fosse risvegliato prima forse non starebbe qui con me”.
Marco, con disappunto dell’investigatore, rimase impassibile sommerso da  altri pensieri.
“Le do ora una buona notizia: proprio all’alba in esecuzione di un mandato di cattura internazionale, la coppia è stata fermata e nella loro Mercedes è stata rinvenuta refurtiva che sembrerebbe corrispondere a quanto da lei elencato nella denuncia”.
Marco rimase in silenzio, ancora assorto nei suoi pensieri.  Non provava rabbia, rancore, desiderio di vendetta. La delusione amorosa lo aveva sopraffatto annullando ogni altro sentimento.
L’ispettore lo guardava perplesso. Chiunque altro avrebbe esultato alla notizia del  ritrovamento della refurtiva.
 “Si sente bene?” si preoccupò il poliziotto. “Si grazie” rispose come un automa mentendo
Marco stava veramente male, ferito mortalmente non nel corpo ma nell’anima: era svanito nel nulla il suo grande sogno d’amore, Gemma si era preso gioco dei suoi sentimenti. Come avrebbe potuto in futuro accordare la sua fiducia ad un’altra donna?
Ringraziò il poliziotto e andò via, sul viso i segni di una profonda tristezza.
Uscendo dal Commissariato, si voltò verso una signora che entrava e fissandola negli occhi disse sottovoce:
“Possono coesistere in una donna  tanta bellezza e tanta malvagità?”
 Non attese la risposta e passò oltre.
“Scusi?” aveva detto  la donna e si guardava in giro dubbiosa e preoccupata.
“Non ci faccia caso” la rassicurò la  guardia all’ingresso “è uno dei tanti matti in circolazione. Che errore chiudere i manicomi”.
 
PS: Situazioni e nomi sono frutto di pura invenzione e non fanno alcun riferimento alla realtà. 
 
Lunedì, 05 Giugno 2017
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