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Pene d'amore

                          2020 cuore spezzato

   by Antonio Abbate

Dalla strada più in alto  sulla collina, Aldo guardava  la città che degradava verso il mare fino a lambire con i palazzi più lussuosi la spiaggia, separata da questi solo dal lungomare. La vista spaziava da nord a sud, dal vulcano al promontorio proteso nel mare con le pareti a picco, passando per il porto, la piccola rada con le barche dei pescatori, il borgo marinaro  con l’antico castello.

Davanti aveva il blu del mare con lo sfondo di isole e il sole, già basso sull’orizzonte che si preparava a immergersi nelle onde.

Aldo era sulla collina in attesa della sua compagna, con la speranza di rinsaldare il legame affettivo che andava da tempo affievolendosi.

Si erano conosciuti sul posto di lavoro. Lui un chimico del reparto analisi e ricerche; lei, Monica,impiegata all’ufficio del personale.

Ad Aldo era piaciuta fin dal primo incontro, conquistato dal suo sorriso di bambina su labbra sensuali, dalla folta chioma corvina oltre che dalla piacevolezza della persona nel suo insieme.

Lei aveva subito mostrato un’autentica simpatia verso Aldo del quale aveva apprezzato il comportamento serio, il parlare corretto, il fisico asciutto e gli occhi chiari.

Il primo approccio l’aveva compiuto Monica. Con Aldo che, per ragioni burocratiche, si era recato all’ufficio del personale, lei si era mostrata molto premurosa e quando lui stava per andarsene: ”Ho bisogno di un caffè, gli disse; mi fai compagnia”?

Quello del caffè insieme, divenne un rito quasi quotidiano, durante il quale un giorno, Aldo, vincendo la sua timidezza, le propose: “Possiamo vederci qualche volta fuori?” “Anche questa sera” rispose Monica.

Questo fu l’inizio della loro frequentazione fino a che sulla terrazza del “Grottino” un locale alla moda sulla collina, si dichiararono reciprocamente di essersi innamorati.

Aldo era sicuro che tra di loro si andava costruendo una solida relazione ma al compiersi del secondo anniversario di fidanzamento, Aldo era totalmente preso di lei che, invece, mostrava comportamenti incoerenti che facevano dubitare della persistenza del suo amore.

Cercava di evitare, con scuse sempre diverse, di uscire la sera con lui e quando talvolta accettava si mostrava distratta e assorta in pensieri suoi.

Di gesti affettuosi neanche a parlarne ed anzi respingeva, sebbene con tatto, gli approcci tentati del fidanzato.

Aldo tollerò questo anomalo comportamento per un po’ di tempo; poi dubbi e sospetti gli si radicarono sempre di più e si convinse della necessità di chiederle una spiegazione: “Forse ti sei innamorata di un altro?” fu la conclusione di un lungo discorso

Lei si mostrò offesa:” Ma come ti sei permesso di pensare una cosa simile?”.

E riaffermò con energia la sua correttezza e sincerità e giustificò il suo atteggiamento con l’esistenza di problemi familiari.

Aldo si scusò per avere sospettato. Le chiedeva di perdonarlo e di comprendere che i suoi timori erano generati dal suo grande amore.

Rispettò la riservatezza di Monica non chiedendole di conoscere le problematiche personali che la angustiavano: “ Me ne parlerai solo se vorrai e se riterrai che io possa esserti di qualche aiuto”.

La relazione vacillante doveva essere rinvigorita; Aldo teneva in gran conto Monica con la quale sognava di crearsi una famiglia e un futuro sereno. I suoi progetti non poteva prescindere da Monica.

Forse ritornando nei luoghi dove era nato e cresciuto il loro amore, pensò, si sarebbe potuto recuperare quell’affetto e quella passione che aveva caratterizzato i primi tempi della relazione.

Monica accettò, per le continue insistenze di Aldo, senza entusiasmo e non senza aver opposto critiche: le sembrava un rimedio inefficace; a rivedere e frequentare gli stessi luoghi del passato, non è detto che si provino le stesse sensazioni della prima volta.

L’appuntamento era stato fissato per le cinque del pomeriggio.

Monica era già in ritardo di venti minuti, lei che era stata sempre puntuale. In Aldo cominciava a farsi strada il presentimento che non si sarebbe più presentata a quell’appuntamento.

Entrò in macchina deciso ad andare via, poi ci ripensò e si impose di attendere ancora.

Monica infine venne. Vedendo spuntare la sua cinquecento dalla curva quasi in cima alla collina, Aldo riprese a sperare.

Monica parcheggiò a qualche decina di metri da lui. Dietro la cinquecento si fermò, subito dopo, anche un’automobile di grossa cilindrata. Monica scese e prima di andare da lui, scambiò qualche parola col conducente dell’altra auto.

Aldo ne fu turbato e ingelosito. Forse quell’uomo aveva accompagnato Monica?

Non può essere, Monica non mi avrebbe mai fatto un torto simile, pensò, cercando di convincersi del contrario. Troppo grande era la fiducia riposta in lei.

Le corse incontro: “Grazie per essere venuta, amore” – le disse – e tentò di abbracciarla e baciarla.

Lei rispose all’abbraccio senza entusiasmo e spostò le labbra per ricevere il bacio sulla guancia.

“Preferisci passeggiare prima di andare al bar?” le chiese premuroso Aldo.

Monica non rispose subito. Cercava le parole appropriate per non colpirlo violentemente. Imbastì un discorso in cui si parlava confusamente di destino, caso, fatalità, volontà, debolezza umana. “E’ inutile proseguire” disse poi con un filo di voce, tenendo lo sguardo fisso a terra come se avesse timore o vergogna. “Cosa?” fece Aldo che non voleva capire. Monica alzò lo sguardo su di lui, rifece la stesa affermazione chiarendola: “E’ inutile continuare una storia ormai finita. Sono qui solo per riferirti la mia decisione”.

“ E mi lasci così? Io ti amo: se ti ho fatto qualche torto, dimmelo, dimmelo che farò di tutto per riparare”.

“Gli amori come imprevedibilmente possono nascere, possono finire. Aldo, fattene una ragione, non ti amo più”.

Questa frase crudele, diretta, chiara non ammetteva equivoci. Fu per Aldo come ricevere una staffilata mentre il mondo gli crollava addosso. I suoi progetti, la vita che immaginava di vivere con lei, la casa che già aveva realizzato nella sua mente; le sue speranze che tanto l’avevano fatto fantasticare, tutto fu spazzato via in un istante da quelle poche impietose e dure parole.

Lo sopraffece un dolore lancinante che non gli lacerava solo il corpo ma soprattutto l’anima.

Deluso, addolorato, spossato la guardava senza parlare e con gli occhi lucidi. Ebbe poi solo la forza di sussurrarle: ”Se non capisci il male che mi fai, non ho altro da dirti”.

Lei andò via in silenzio senza nemmeno un saluto. Aldo la accompagnò con lo sguardo mentre si allontanava seguita dall’auto dell’amico al quale aveva fatto un cenno d’intesa.

Aldo in preda alle vertigini, confuso, debole, frastornato, vedeva tutto quanto lo circondava girargli intorno in un caotico turbinio e la strada su cui poggiava i piedi muoversi in senso ondulatorio

Per non perdere l’equilibrio e cadere si attaccò con entrambe le mani al palo di un cartello stradale e si piegò in avanti mentre un sapore orribilmente acido gli saliva alla gola.

“Sta male?” gli chiese una passante che non ricevendo risposta andò oltre.

Aldo dopo qualche minuto, riacquistato un sufficiente autocontrollo si recò al “Grottino” con l’intenzione di ristorarsi con una bibita fresca.

Entrato nel belvedere del locale, si affacciò dal lato del mare appoggiandosi al muretto.

La strada sottostante a circa venti meri più in basso, formava un tornante che girava intorno ad una grande roccia sporgente dal terreno.

Aldo, per un istante, pensò che poteva decidere di mettere fine al dolore che provava con un salto che l’avrebbe portato a schiantarsi su quella pietra.

Ma fu solo la tentazione di un momento: “Che brutte idee mi passano per la mente, sarà meglio pensare ad altro”, e si immerse nella contemplazione del paesaggio.

La sera si preannunciava serena e tiepida. Il sole prossimo al tramonto, simile a una palla di fuoco, appariva sospeso a pochi metri dall’acqua e spargeva sull’orizzonte vividi bagliori rossi e colorava di tinte rosa le scarse nuvole sparse nell’azzurro del cielo.

Il mare, blu intenso, già si punteggiava delle luci delle lampare sulle prore dei gozzi che si avviavano alla pesca notturna.

Queste immagini rasserenarono alquanto Aldo e lo trassero fuori dai cupi pensieri.

“Avrò la forza di superare anche questo” si promise.

Assorto in tali pensieri, il giovane non si avvide di un uomo che gli era giunto alle spalle.

“Non lo faccia, non ne vale la pena”.

Aldo si voltò. “Dice a me?” chiese perplesso allo sconosciuto.

“E’ un salto inutile e immotivato. Ci ragioni e ne verrà fuori”.

“Io non ci penso nemmeno” precisò allo sconosciuto.

“Meglio così”. Lo sconosciuto sembrò sollevato da una preoccupazione:

“Quando vedo un uomo affacciato a questo muretto, temo fortemente per la sua vita. In un anno già in tre lo hanno saltato: tre delusi dall’amore. Fortunatamente lei non ha di queste sofferenze!”.

Aldo non sapeva cosa replicare a questa affermazione.

Aveva il cuore gonfio di dolore ma perché confidarlo ad uno sconosciuto?

Proprio in quel momento la sua resistenza venne meno e, senza volerlo, si abbandonò alle lacrime che fino ad allora era riuscito a trattenere.

“Venga” disse lo sconosciuto, senza commentare quel pianto “prendiamo un caffè”.

Aldo lo seguì ad un tavolino in un angolo un po’ discosto dai posti più affollati.

Il cameriere servì il caffè denso e bollente che sorbirono a lenti sorsi in silenzio.

“Permette?” disse poi lo sconosciuto “sono Francesco però qui c’è chi mi chiama il filosofo e chi il salvatore. Il primo titolo me lo danno per adularmi o per canzonarmi bonariamente, questo dilemma non l’ho ancora chiarito, perché su ogni argomento cerco di ragionare; del secondo vado fiero perché sono riuscito a salvare alcune persone che si erano sporte dal muretto convincendole con i miei ragionamenti a non suicidarsi”.

Aldo gli strinse la mano che gli porgeva dicendo” Mi fa piacere, ma io non ne avevo intenzione.”

“Lo so e non lo annovererò tra i miei successi; ma sono convinto che anche lei ha dei problemi.”

Francesco, insegnante in pensione, non avendo molti impegni trascorreva nel bar molte ore della giornata filosofando con colleghi pensionati. Egli sosteneva che l’amore come lo intende la maggior parte della gente non esiste e si era assunto la missione, tenendo d’occhio il muretto, di evitare che qualcuno commettesse gesti inconsulti per delusioni amorose.

“Lei si sarà chiesto perché mi sono permesso di ingerirmi nei suoi affari privati”.

Gli spiegò che per lui era come una lotta, una crociata contro l’amore tradizionale perché quello che noi definiamo amore è nient’altro che un mezzo, un sotterfugio, un raggiro, proprio un inganno predisposto dalla natura per costringere gli individui a procreare per perpetuare la specie.

Per questo scopo scatena in ogni essere adulto un mutamento chimico e ormonale che spinge l’individuo a cercare una compagna per accoppiarsi. “ Se ci convincessimo di questo ci risparmieremmo pene d’amore, angoscia, patemi e la maledetta gelosia che spesso ci rende assassini. Se questo concetto fosse patrimonio culturale di tutti, saremmo tutti più sereni e si eviterebbero le tante tragedie causate dal malinteso amore”.

“Sarà come dice lei, commentò Aldo, ma la realtà è che io e tutti,credo, percepiscono l’amore accompagnato da miriadi di sentimenti”

“ E poi, continuò il filosofo senza tener conto dell’osservazione del giovane, vogliamo toglierci la vita per sacrificarla alla donna che ci ha lasciati. Ma perché ? considerato che non ci ama più, ci ha traditi, ci ha rifiutato, ha distrutto i nostri sogni…”

Francesco fece una piccola pausa, poi riprese a raccontare di sé: "Anch’io sono passato per questa esperienza, purtroppo. Dopo dieci anni di matrimonio sono stato mollato da mia moglie che amava un altro col quale mi tradiva da due anni. Io cieco non avevo mai sospettato nulla. Per lei nutrivo il più tenero affetto, passione, fiducia; non volevo credere alle sue parole quando me l’ha confessato. In un primo momento ho pensato, sperato che fosse uno scherzo, fino a che mi ha rivelato il nome del mio rivale.

Il primo impulso è stato quello di vendicarmi compiendo una strage. Poi ho pensato che fossi io il colpevole per non aver dato a mia moglie tutte le attenzioni che le donne richiedono, per averla forse delusa nelle sue aspettativa e, in preda allo sconforto, ho pensato di saltare il muretto mettendo rapidamente fine alla insopportabile sofferenza”.

“E sa chi mi ha salvato?”

“Non saprei, rispose Aldo, forse un amico”.

“No, un poeta. Non personalmente ma con una sua poesia. Conosce William Wordsworth ?”

Aldo scosse leggermente la testa.

“No? Una sua breve composizione, l’avevo sentita tanti anni prima, recitata in un film dalla protagonista “ “…Se niente può far che si rinnovi all’erba il suo splendore e che riviva il fiore, della funesta sorte non ci dorremo, ma ogn’or più saldo in petto godrem di quel che resta”.

“Proprio nel momento opportuno la mia mente ha indugiato su questo verso”: “godrem di quel che resta” “ Mi sono chiesto: e cosa mi resta? Tante cose: altri affetti, di figli, parenti , amici; altri godimenti come viaggiare, i buoni sapori, la musica, l’arte, la natura e, perché no?, l’amore di un’altra donna.

Conclusi allora che ce n’era abbastanza per sopravvivere e fu una scelta felice.

Con impegno e costante volontà sono ritornato ad una vita normale e mi sono anche nuovamente innamorato”.

Aldo lo ringraziò per il caffè ed i consigli e accomiatandosi gli chiese:

“Il titolo della poesia?”

“Splendore nell’erba” rispose “non sarà un capolavoro ma la legga spesso e ne faccia tesoro, mi raccomando”. 2020 cupido4

 

 

Giovedì, 02 Giugno 2022
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