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MONIQUE, MONIQUE !

 Monique

                                             MONIQUE, MONIQUE !                                                                                                                               (by Antonio Abbate) 

 

La vacanza organizzata dal “ Centro Anziani” era iniziata solo da pochi giorni e Sergio già si era pentito di avervi aderito.

Sdraiato sul lettino da spiaggia, quasi non riusciva a vedere il cielo, tanto gli ombrelloni erano fitti. Il sole filtrava a fatica tra le file serrate, irradiando solo strisce di sabbia.

Il suono cadenzato della risacca era soffocato dal chiacchiericcio costante della moltitudine di bagnanti.

Aveva provato a passeggiare sul bagnasciuga ma era ben presto ritornato a stendersi sotto il suo ombrellone perché era tanta la gente che si accalcava in riva al mare che sembrava di passeggiare nel corso principale di un paese in giorno di mercato.

Quello che, però, più di tutto non sopportava, era la visione continua degli anziani soci e socie del circolo che mostravano senza ritegno pelli flaccide, ventri prominenti, seni cascanti e vene varicose.

Non che li disprezzasse; sapeva bene di appartenere alla stessa classe. Ma averli davanti, era come specchiarsi in continuazione e contemplare la sua stessa decadenza fisica e Sergio non amava guardarsi allo specchio per non vedere quella che lui definiva “la devastazione degli anni”.

Non si capacitava, lui che era così testardo, di essersi lasciato convincere da un conoscente: “Vieni, vedrai che ti troverai bene e ti divertirai”.

Trovarsi benne !

L’albergo che vantava tre stelle, non meritava nemmeno l’appellativo di albergo.

Affacciava sulla statale intasata di traffico e, come se non bastasse, aveva la ferrovia a cinquanta metri, era rumoroso, squallido, con spazi comuni esigui e ristorazione da mensa aziendale di basso livello.

“Possibile che in questo albergo non ci sia niente di positivo?” si chiese in un momento di sconforto prossimo alla depressione.

Ci pensò qualche secondo prima di darsi una risposta.

“A pensarci bene, una nota positiva c’è. E’ la bella e simpatica straniera che provvede alla pulizia delle stanze”:

L’aveva notata dal primo giorno e sarebbe stato difficile non accorgersi di lei.

Con un fisico da star e il sorriso da spot pubblicitario di dentifricio, si rapportava ai clienti in modo educato e affabile e questo comportamento la rendeva ancora più apprezzabile.

Sergio, ogni qual volta la incontrava, non lasciava sfuggirsi l’occasione di scambiare due parole di cortesia ricavandone l’impressione che fosse cosa gradita anche a lei.

Il colloquio non poteva però protrarsi a lungo perché Monique doveva lavorare e i compiti da svolgere erano tanti da non consentirle lunghe pause.

Una mattina quando Sergio era sul balcone a ritirare i costumi da bagno stesi ad asciugare al sole, Monique bussò alla porta e non ricevendo risposta ritenne la stanza libera ed entrò per sistemarla.

Quando Sergio rientrò, vederla fu per lui gioia grande. Monique si scusò per l’involontaria intrusione e sarebbe uscita subito dalla stanza se non fosse stato Sergio a trattenerla con insistenza: “La prego non vada via, io sono lieto che sia qui e che possiamo parlare un po’ mentre lavora.”

“Venga spesso” le disse quando terminò di rassettare la stanza, “ la sua presenza mi rallegra tutta la giornata, anche se non credo che per lei sia tanto piacevole intrattenersi a colloquio con un vecchio”:

“Ma che dice” rispose”mi fa invece molto piacere”.

Monique si presentò quasi ogni mattina. Chiacchieravano come due amici di vecchia data. Lui le confidava lo sconforto e le difficoltà di affrontare psicologicamente la terza età. Lei, senza interrompere il lavoro, gli parlava delle difficoltà di immigrata rimasta vedova giovanissima, le angherie e i soprusi e le avances insistenti e sgradite che doveva subire, ma anche la gioia di avere, a quarant’anni, già una figlia ventenne e le sue speranze di un futuro migliore.

Questa frizzante amicizia gli fece dimenticare le negatività della vacanza e l’aiutava a tollerare la spiaggia affollata, l’albergo scomodo e i pasti scadenti.

Era nata una bella amicizia disinteressata e senza secondi fini, affermava Sergio nei discorsi con Monique. Era sincero ma reticente poiché i suoi sentimenti travalicavano l’amicizia. Lei transitava nei suoi pensieri molte volte al giorno e soprattutto la notte quando insonne la desiderava accanto a sé e si sarebbe accontentato anche solo di stare in sua compagnia. Poi si rimproverava di perdersi in tali fantasticherie e si dava del visionario. “Sei un illuso vecchio romantico. Ma cosa vai a pensare invece di dormire. Guardati allo specchio e vedrai che ti affolleranno la mente ben altri gravi pensieri”. Ma queste autocensure duravano solo il tempo di formularle e non gli impedivano di tornare a rammaricarsi e sospirare: “Monique , Monique, se avessi vent’anni di meno”.

La vacanza ormai volgeva al termine e, questo non l’avrebbe mai immaginato prima di conoscere Monique, gli dispiaceva.

Nella sala ristorante dell’albergo vide un cartello, era un avviso per l’indomani.

L’orario di cena veniva anticipato di trenta minuti per consentire ai camerieri di allestire il salone per la serata danzante di addio.

Sergio escluse subito di parteciparvi: “considerato cosa passa il convento, si può già immaginare che serata sarà”.

Programmò perciò per la sera successiva una passeggiata sul lungomare.

Il giorno successivo, però, cambiò programma. Venuta meno la voglia di passeggiare, decise di fermarsi in albergo. “Ascolterò qualche brano e rientrerò in camera a leggere il romanzo che ho appena acquistato”.

All’ora convenuta per l’inizio delle danze, Sergio ritornò nel salone.

In fondo alla sala, vicino all’ingresso della cucina, un musicista grassoccio e rubizzo, già sudaticcio strimpellava qualche nota di accordo con la pianola mentre la base registrata andava a tutto volume.

Molti tavoli erano stati accatastati a ridosso delle pareti per ricavare al centro del locale la pista da ballo.

I villeggianti avevano preso posto sulle sedie posizionate in circolo e una coppia

si esibiva in un valzer con postura rigida e seriosa. Sergio riluttante si sedette in disparte e non si trattenne dall’ironizzare: “Guarda, ci sono anche Ginger e Fred” disse fra sé.

Era distratto in questi pensieri quando la sua attenzione fu attratta da un brusio di compiacimento.

Lo sguardo di tutti era rivolto verso l’ingresso e lui fece altrettanto.

La vide e il cuore gli si allargò. Aveva sempre visto Monique avvolta nel camice da lavoro e gli era sembrata bellissima. Ora agghindata per il ballo lo mandò in estasi. Il leggero trucco agli occhi con ombretto e mascara le conferiva uno sguardo da gazzella, il rossetto amaranto sulle labbra le rendeva più sensuali.

Era fasciata da una gonna con spacco molto sopra il ginocchio e aveva la camicetta bianca di seta appoggiata come una tenue carezza sul seno prorompente e turgido.

Monique scambiò qualche convenevole con alcuni ospiti, poi si trattenne pochi minuti con i colleghi presenti in sala, sempre seguita con lo sguardo da Sergio.

Infine si recò decisa da lui come se si fossero dato appuntamento.

“Eccomi, mi fai ballare?”

Sergio non rispose, l’emozione gli aveva paralizzato la lingua, ma si alzò protendendo le braccia. Non gli sembrava vero, forse sognava. Sentiva il suono della pianola, vedeva la sala, riconosceva i villeggianti; ma aveva il dubbio che se la stava immaginando quella serata con Monique.

Monique era tra le sue braccia. Incredibile! Monique, Monique!

Ballarono insieme per tre ore divertendosi come adolescenti. Sergio dimentico della sua età, si cimentò in ogni danza e finanche in un boogie woogie per non lasciare la sua dama libera temendo, geloso, che fosse invitata da altri uomini.

Verso mezzanotte realizzò che aveva già chiesto troppo al suo fisico.

“Monique” le disse” io mi ritiro, anche se mi dispiace tanto separarmi da te”.

“Anch’io vengo via” rispose lei “domani dovrò alzarmi presto”.

Presero insieme l’ascensore ed insieme sbarcarono al piano di Sergio.

“Errore, questo è il mio piano”

“Lo so, ma devi consentirmi di usare la tua doccia. La mia per un guasto, in questi giorni è priva di acqua calda”.

Sergio le prestò un suo accappatoio e in attesa di potersi rinfrancare con una doccia tiepidae anche lui e anche per impedire a certi pensieri di affiorare, segui alla televisione gli ultimi notiziari.

Quando fu il suo turno per la doccia, “vai pure” le disse” che io sono un po’ lento”.

Quando uscì dal bagno la trovò invece sdraiata nel suo letto.

Attonito, perplesso, speranzoso, non seppe far altro che esclamare”mah…?”

“Su, asciugati in fretta” rispose lei all’esclamazione” che non voglio più aspettare “.

“Non so se… alla mia età… potresti essere… anche se…” farfugliava confusamente il vecchio.

“Basta Sergio! Questa notte devi dimenticare l’età, chi siamo, dove siamo… Un uomo e una donna sono stati uniti dal destino che li ha prescelti per omaggiarli di un po’ di felicità. Vogliamo rinunciare?” “Per niente al mondo” rispose Sergio.

Ne seguì un’indimenticabile notte d’amore.

Lei affettuosa, passionale, generosa. Lui tenero, attento, amorevole, insaziabile, finché il sonno ristoratore li colse teneramente abbracciati.

Al primo chiarore dell’alba, Sergio si svegliò percependo un circospetto tramestio.

Nella semioscurità della stanza riuscì a distinguere la donna che si rivestiva.

“Vai?” le chiese.

“Scusami se ti ho svegliato, ho cercato di non far rumore”

“Meglio così” le rispose Sergio “mi sarebbe dispiaciuto non salutarti”.

Seguì una pausa di silenzio rotto con titubanza da Monique: “ Sergio…, con estremo disagio… devo chiederti di prestarmi cento euro, se puoi. Come ti ho detto ieri sera, devo recarmi a Torino per un problema di salute di mia figlia e temo di non poter far fronte alle spese mediche con i contanti che ho”.

Sergio, a questa richiesta, senti crollargli addosso tutto il castello fiabesco che si era costruito. Ma non perché doveva sborsare cento euro; aveva già pensato di farle, per affetto e riconoscenza, un regalo molto più costoso.

La richiesta avanzata da lei invece cambiava ogni prospettiva. Altro che l’illusione di amicizia o amore nei suoi confronti, Monique agiva per soldi. Povero stupido a crederci, avrebbe fatto meglio a guardarsi più frequentemente allo specchio. Una donna giovane e bella non poteva innamorarsi di uno squallido vecchio. Quello che non poteva proprio digerire era di essersi fatto raggirare da quella furba straniera come un vecchio stupido e demente.

In pochi attimi distrusse l’immagine romantica, sincera e soprattutto seria e onesta. che si era fatta di quella donna

Non era altro che una che si vendeva anche se non direttamente, una che circuiva i vecchietti per spillare dei soldi. Chissà quanti altri erano caduti in trappola.

Siccome non dava alcuna risposta e Monica aveva notato l’espressione di disappunto sul suo viso, gli disse”Se non puoi o non vuoi, non ha importanza; amici come prima. Risolverò diversamente.”

Sergio deluso, addolorato per avere subito un inganno dalla donna che aveva amato, affronto mai capitatogli, avrebbe voluto offenderla “Ecco ti pago ma non farti più vedere”.

Gliene mancò il coraggio e “Figurati” le disse”Te li presto volentieri anzi te ne do centocinquanta, tanto me li restituirai”. Il tono era ironico ma Monique non ci fece caso.

Sergio tornò di pessimo umore, più che nei primi giorni. La consapevolezza di non aver saputo giudicare una donna, di non aversi saputo difendere, lui che si vantava di essere un esperto conoscitore dell’animo femminile, lo tormentava. Ma era diventato miope anche di cervello?

Doveva insospettirlo quella frequentazione inopinatamente troppo cordiale, l’esclusiva concessogli al ballo, l’accostarsi a lui con tanta affettuosità. Modi troppo accentuati per essere veri e sinceri. Ora finalmente li metteva a fuoco!

Sergio completò i suoi pensieri cercando di consolarsi: “Pazienza dopo tutto mi ha rallegrato la vacanza”.

Decise di non più rivederla e comunque di tenerla a distanza.

Il giorno dopo passando nel corridoio la intravide in una camera a rassettare ma andò oltre senza fermarsi, tuttavia un piccolo brivido gli ricordò che non era riuscito a distruggere tutti i suoi sentimenti nei confronti di quella donna.

Si rasserenò pensando che quello era l’ultimo giorno di vacanza. Poi” lontano dagli occhi lontano dal cuore”.

Il mattino seguente di buonora iniziò a preparare le valigie per fuggire da quella stanza e per non incontrarla.

Bussarono alla porta, era lei. “Sono venuta a salutarti io temendo che tu non mi avresti cercata. Ieri hai tirato dritto, ti ho visto, senza degnarmi di un saluto. Forse adesso ti vergogni di me? Perché hai dato confidenza, perché ti sei sminuito amando una cameriera?”.

“Ma cosa dici” protestò Sergio fingendo indignazione ma veramente si vergognava di avere sprecato i suoi sentimenti per una sgualdrina.

“Io in questi pochi giorni ti ho voluto veramente bene perché ho creduto di trovare in te un uomo sincero, diverso da tanti altri; uno che le donne le rispetta e le sa amare e, solo io so di quanto amore io ho bisogno”.

“Come sai fingere, meglio di un’attrice” pensava Sergio, restando in silenzio.

“Bene” disse poi Monique porgendogli un foglietto di carta “ è il mio numero di telefono, solo per darmi un saluto di tanto in tanto, se ti farà piacere”.

“Certo, certo” fingeva Sergio ma in cuor suo aveva già deciso che quel biglietto l’avrebbe lacerato con rabbia in mille pezzi.

Non tollerava più la presenza di quella bugiarda e pensò di sbarazzarsene congedandola.

“Monique, devo salutarti. Devo preparare ancora le valigie e non mi piace essere ritardatario” disse con tono deciso, dissimulando il suo turbamento.

La donna si avvicinò porgendogli le labbra ma lui si voltò ricevendo il” bacio di Giuda” sulla guancia.

“Allora buon viaggio” gli augurò la donna e stava per avviarsi alla porta quando, voltatasi di scatto “che sbadata” esclamò “ ero anche venuta per restituirti

Il prestito e ringraziarti della cortesia e me ne stavo dimenticando” e trasse le banconote dalla tasca.

Sergio rimase sbalordito, Non si raccapezzava più.

“No, no tienile è un mio regalo”

“Non dire così che mi offendi” esclamò con decisione la donna.

“Vedi, ho accettato da altri villeggianti piccole somme, mancette; vivo anche di quelle. Da te però non voglio accettare neanche un euro. E’ una mia esigenza; non voglio creare in me alcun dubbio sulla sincerità dei miei sentimenti.

I soldi mi farebbero dubitare di averlo fatto anche per necessità o per ingordigia e non esclusivamente per amore. Voglio ricordarti come l’unico uomo che ho amato senza alcuno scopo che non fosse quello di provare la gioia di un sentimento vero, genuino e disinteressato. Speravo tanto che tu potessi pensare lo stesso di me”.

Sergio si sentì un verme. Per pochi euro era stato così meschino da dubitare di questa donna così buona e generosa, ricca di amore e di altruismo.

Come aveva potuto, con tanta cattiveria , qualificarla sgualdrina, falsa, approfittatrice, truffatrice. Anche lui era caduto nel pregiudizio. Se il prestito glielo avesse domandato una donna italiana, non avrebbe dubitato minimamente della onestà della richiedente.

Il rammarico e il pentimento lo sopraffecero e, pur trattenendosi, non riuscì ad evitare che alcune lacrime gli rigassero il viso.

Voleva nascondere in ogni modo il suo turbamento e cercò, perciò, di sdrammatizzare e parafrasando il titolo di una famosa soap opera esclamò: “Anche i vecchi piangono”

“No “ ribatté lei “non i vecchi, ma gli uomini buoni e leali che con onestà riconoscono i propri errori !”

Sergio avrebbe voluto abbracciala, baciarla , stringerla a sé, chiederle perdono in ginocchio ma Monique oltrepassò la soglia e chiuse la porta. cuore spezzatoMonique

 

 

Giovedì, 02 Giugno 2022
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